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La Roba è una delle novelle più belle mai scritte da Giovanni Verga.
Anche se non si tratta in assoluto della più famosa novella di Verga, “La Roba” rappresenta uno dei prodotti letterari meglio riusciti dell’autore siciliano, e per questo molti professori la inseriscono nei programmi di lettere, anche perché essendo inserita nella più ampia raccolta delle “Novelle Rusticane” è molto facile che capiti tra i compiti delle vacanze o che sia oggetto di test o interrogazioni. In ogni caso, comunque, è una novella bellissima e anche nel caso in cui non foste studenti e non foste obbligati a leggerla per compito, potete trovarla interessante. 
Detto questo, iniziamo questo riassunto de “La Roba” di Giovanni Verga.

La Roba: Riassunto

La Roba riassunto

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Il protagonista della novella è il contadino Mazzarò, che viene descritto come un uomo di bassa statura e caratterizzato da alcuni segni particolari: una grossa pancia, una testa “simile a un brillante” (vuol dire che aveva un’intelligenza eccezionale) e una sfrenata avidità di ricchezza.

Nel corso della novella, Mazzarò accumula sempre più “roba”: inizia ad erodere il patrimonio del barone presso il quale lavorava come bracciante, il quale caduto in disgrazia è costretto a vendere tutti i suoi beni e possedimenti, e Mazzarò approfitta della situazione per comprarsi tutto, a partire dalle terre che lui stesso lavorava e persino il castello del barone. L’unica cosa che si rifiuta di comprare è lo stemma nobiliare, perché non è interessato a diventare nobile. Mazzarò infatti disprezza la nobiltà e la sua mentalità antiproduttiva, che disprezza il lavoro, perché secondo lui è  per colpa di questa mentalità che il barone si è ritrovato costretto a vendergli tutto. Mazzarò apprezza invece la mentalità produttiva tipica dei borghesi, che si creano da sé le loro ricchezze. Uno degli interventi più famosi e caratteristici della novella è infatti la ‘massima’ “la roba non è di chi ce l’ha, ma di chi la sa fare“. Mazzarò disprezza anche tutte quelle cose che in qualche modo vanno ad intaccare la sua roba, compreso il pagamento delle tasse, e più possiede roba più ne vuole, arrivando persino a pretendere di possedere anche le forze della natura.
A lungo andare, le ricchezze di Mazzarò diventano sempre più consistenti ma vuote, perché Mazzarò si rende conto di non possedere nulla, se non la sua roba. Alla fine della novella, infatti, Mazzarò muore ma prima di morire si rende conto che la sua ‘roba’ non può seguirlo nella tomba con lui e quindi si mette a fare un gesto insolito: esce sull’aia e si mette a uccidere i suoi animali, urlando “roba mia, vienitene con me”.

Spiegazione della Roba di Giovanni Verga


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Anche “la roba” è la classica novella di Verga in cui l’autore effettua un’indagine della campagna e della realtà contadina della sua Sicilia, dei suoi abitanti e delle particolari situazioni umane che essi vivono. Nello scrivere “la roba”, Verga cambia totalmente punto di vista: si interessa soprattutto alle “logiche bestiali” di quell’ambiente

In questa particolare novella, infatti, l’analisi dell’autore, perfettamente eclissato nel corso della narrazione (cerca “Eclissi dell’autore” nel riassunto de “I Malavoglia“, troverai il link al fondo dell’articolo), è molto pessimistica: è molto simile alle vicende del secondo romanzo del ciclo dei vinti, Mastro Don Gesualdo. La novella è pervasa da un senso amaro generale più pressante di quello de “i Malavoglia” ma meno di quello di “Mastro Don Gesualdo“, per questo possiamo dire che “la roba” forma una specie di collegamento, di link, di tramite tra i due romanzi del ciclo dei vinti, superando il primo e anticipando il secondo. Cade anche tutto il meccanismo della famiglia presente ne “I Malavoglia”: il protagonista rimane solo perché ha voluto restare solo e perché disconosce l’utilità che una congregazione sociale come la famiglia o gli amici può aiutarlo nella sua salvezza. Oltre a questo, Mazzarò è totalmente disconnesso da qualsiasi norma della società civile: la sua mentalità è rozza e primitiva, e completamente asociale.

Per quanto riguarda lo stile e la retorica, la reiterazione del termine “roba” rende perfettamente l’idea dell’ossessione per l’accumulo di ricchezze di Mazzarò e la capacità con la quale ottiene la sua roba viene elogiata dall’autore, anche se questo è perfettamente distaccato come lo stile verista comanda.

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