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Come anticipato nel capitolo 30, in questo capitolo 31 dei Promessi sposi Manzoni abbandona la narrazione delle vicende riguardanti il filone principale del romanzo per concentrarsi sui terribili avvenimenti di Milano e della Lombardia in generale.

Infatti questo è il “capitolo della peste“, poiché vengono spiegate le cause e le gravi conseguenze del contagio, che mettono letteralmente in ginocchio la città, che dopo o meglio insieme alla carestia deve affrontare quest’altro terribile flagello. Ormai siamo quasi alla fine del romanzo, la fine è prossima, e non vogliamo anticipare nulla per non farvi perdere il gusto di leggere quest’opera a dir poco straordinaria. Manzoni sembra superarsi sempre di più, di capitolo in capitolo, è un crescendo di emozioni ciò che ci trasmette il grande Alessandro, che non è Magno.

Riassunto capitolo 31 Promessi Sposi

Eventi capitolo 31 Promessi Sposi

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Il capitolo 31 dei Promessi sposi inizia con il proposito di Manzoni di descrivere gli avvenimenti principali di questo tragico periodo e di presentare la situazione che i suoi personaggi incontreranno nei prossimi capitoli; perciò egli vuole fare una ricostruzione dei fatti il più fedele e succinta possibile di quel terribile flagello.

Manzoni comincia dalle cause del morbo, quasi sicuramente portato dalle truppe mercenarie imperiali, che fece i primi morti per strada e man mano sempre più persone cominciarono a morire di “mali strani e violenti”, che i più vecchi associano appunto alla peste.

I medici milanesi, in particolare Lodovico Settola, avvertono invano del pericolo imminente del contagio, che aveva già raggiunto il bergamasco; presto arrivarono anche delle segnalazioni da Lecco e Bellano ma quelle morti vengono associate ai disagi per il passaggio dei Lanzichenecchi.
Tuttavia la situazione si aggrava e il morbo comincia espandersi nei paesini, dove miete un numero impressionante di vittime; solo ora il tribunale della sanità decide di intervenire ordinando trasferimenti di persone da un luogo all’altro.
Il governatore si dimostra molto dispiaciuto di questa situazione ma i bisogni della guerra devono avere la precedenza; intanto il contagio fu favorito nei giorni seguenti dalle feste per la nascita del primogenito di Filippo IV a causa della grande affluenza di persone.

Inoltre non molti mesi dopo morì e venne ricordato per le sue imprese politico-militari ma non certo per come gestì la terribile situazione della peste.
La gente però vedeva la peste come una cosa remota e chiunque ne fosse preoccupato ero deriso e così anche ai piani alti, dove nonostante le sollecitazioni dei medici, si procedeva con estrema lentezza.

Tutti i sospetti contagiati venivano rinchiusi nei lazzaretti e le loro cose bruciate: perciò molte persone preferivano non denunciare casi sospetti o accertati per evitare il rogo degli effetti personali.
Inoltre i medici erano visti come nemici della patria ed erano odiati dalla gente, che li insultava costantemente accusandoli di spargere dicerie false sul contagio pestilenziale.
Ma all’inizio della primavera del 1630 i morti cominciano ad aumentare esponenzialmente e tutti i medici, anche quelli precedentemente scettici, affermano la presenza tra la popolazione di febbri pestilenziali; in città c’è inoltre un primario bisogno di soldi, sia per il lazzaretto che per il rifornimento di viveri che per le spese della nuova guerra contro il Monferrato.

Per far fronte alla gravissima situazione il governo chiede aiuto ai cappuccini, che diventano nel giro di poco tempo dei tuttofare all’interno della città: in particolare padre Felice, il capo dei frati, è un infaticabile lavoratore che si ammala e guarisce anche di peste, anche se purtroppo è un caso raro poiché la maggior parte dei cappuccini muore a causa del flagello.

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Nonostante l’evidenza della peste alcuni cercano altre cause, soprattutto riguardanti la stregoneria e alcuni maghi che diffondevano dei veleni e il popolo fa le più varie e stravaganti ipotesi; insomma nella città regna un “celebre delirio”.

Il governo, per convincere anche gli ultimi scettici sul contagio pestilenziale, manda un carro pieno di cadaveri al cimitero di san Gregorio, dove la gente soleva trovarsi alla Pentecoste per commemorare le vittime del precedente contagio; da quel giorno tutti credettero al flagello.
I personaggi che animano il capitolo 31 dei Promessi sposi sono tutti personaggi storici che vengono citati da Manzoni nella narrazione dei fatti: troviamo dunque i medici Settola e Tadino, il governatore Spinola e i frati padre Felice e padre Michele.

Commento capitolo 31 Promessi Sposi

Il capitolo 31 dei Promessi sposi è caratterizzato da una lunga digressione che ha come tema centrale la peste che affligge il milanese, nella quale interviene anche Manzoni nelle vesti di storico.
Importante è anche il tema dell’irresponsabilità politica, che emerge particolarmente nel governo dello Stato di Milano che interviene troppo tardi nonostante le insistenti avvertenze dei medici; anche i medici però, ad eccezione di Settola e Tadino, sono scettici sulla peste e, messi davanti all’evidenza, cambiano nome al contagio definendolo febbre maligna e pestilenziale, facendo emergere il concetto di mistificazione e trufferia della parola.
Questo era il riassunto del capitolo 31 dei Promessi sposi; se aveste dei dubbi a riguardo commentate il post e vi risponderò.

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