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Alessandro Manzoni è stato, con Giuseppe Verdi, il “principe culturale” del Risorgimento Italiano. Mentre Verdi lo è stato per la Musica, Manzoni lo è stato per la Letteratura, per la Poesia e per il Teatro.

Lo studio di Manzoni occupa buona parte del programma di Letteratura del quinto anno di tutti gli indirizzi scolastici superiori e della Terza Media e in particolare, lo studio del suo romanzo Capolavoro, i “Promessi Sposi”, occupa anche parte del programma del secondo anno delle scuole Superiori. Le possibilità di collegare questo autore alle altre materie sono innumerevoli e basta leggere un po’ approfonditamente i Promessi Sposi per rendersene conto; è quindi possibile, anzi quasi scontato, che agli esami di Maturità e di Terza Media possa capitare o un tema su una sua opera come prima prova, o che vi facciano qualche simpatica domandina su di lui all’orale, o ancora che sia il protagonista della vostra tesina. Per questi motivi, ho prodotto per voi questo riassunto su Manzoni, in cui potete avere quadro completo della vita e delle opere di questo autore.

Vita di Manzoni

Alessandro Manzoni

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Alessandro Francesco Tommaso Antonio Manzoni è nato a Milano nel 1785 da Giulia Beccaria, figlia del famoso Cesare Beccaria, una delle più importanti menti dell’Illuminismo Milanese. Un detto latino diceva “Mater semper certa est, pater autem…”, cioè “La madre è sempre nota, mentre il padre…”; in effetti il padre di Manzoni è ignoto. Il padre ufficiale sarebbe il conte Pietro Manzoni, il marito di Giulia Beccaria, però sono molti gli studiosi ad essere d’accordo sul fatto che in realtà il Manzoni sia un figlio illegittimo del conte, secondo questi, il padre biologico di Manzoni sarebbe Giovanni Verri, fratello minore di Pietro e Alessandro Verri, altre due grandissime menti dell’Illuminismo Lombardo.

Il matrimonio tra la donna e il conte però durò poco, perché i due si separarono definitivamente nel 1792, quando il piccolo Alessandro aveva appena sette anni. Questo evento segnò profondamente la vita del futuro autore, a cominciare dai suoi studi: il giovane si trasferì di collegio in collegio, a causa dei continui spostamenti della madre. Studiò dapprima presso i padri Somaschi e poi presso i Barnabiti. L’Autore però non visse bene gli anni della scuola, soprattutto per i metodi utilizzati per la sua educazione; in effetti, provenendo dalla famiglia dalla quale proveniva, non poteva che mal sopportare un’educazione ultracattolica. Infatti, quando lasciò le scuole nel 1801, era diventato profondamente ateo, perché del resto gli atei migliori escono dalle scuole dei preti.

Manzoni a Parigi

Nel 1805, Manzoni raggiunse la madre a Parigi. Trascorse poi cinque anni nella capitale francese, cinque anni che sarebbero stati decisivi per la sua formazione, perché ebbe l’opportunità di entrare in contatto con gli ambienti più culturalmente “in” della città. Dopo aver sposato, nel 1808, la ginevrina Enrichetta Blondel, una calvinista convertita al cattolicesimo, Manzoni entrò in una profonda meditazione che lo portò a riconsiderare il cattolicesimo fino alla totale conversione.

Nel 1810, Manzoni ritornò a Milano per starci e qui ebbe inizio alla grande la sua carriera letteraria, carriera che durò poco più di dieci anni, ma che gli permise di imporsi nel panorama culturale italiano ed europeo e consacrarsi come uno dei migliori letterati sulla piazza.

Manzoni divenne Senatore

Dopo il 1833, però, la vita per Manzoni iniziò a degenerare progressivamente: venne funestata nel giro di pochi anni da una lunga serie di lutti familiari, vide morire, nell’ordine, uno dopo l’altro, i suoi sei figli, la moglie Enrichetta, la madre e la seconda moglie. I lutti, però, non incisero sulla sua attività di letterato e sulla sua fama di grande uomo di cultura, che andò via via consolidandosi. Nel 1861, dopo l’Unità d’Italia, re Vittorio Emanuele lo nominò Senatore nel primo Parlamento d’Italia e gli affidò l’incarico di presiedere la commissione che si sarebbe dovuta occupare di unificare la Lingua Italiana.

Manzoni morì a Milano nel 1873, a quasi novant’anni, in un modo per altro stranissimo: morì di meningite a causa di un trauma cranico che si era provocato scivolando per le scale all’uscita dalla chiesa.

Opere di Manzoni

Gli “Inni Sacri” (1812-1822)


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Queste opere sono la testimonianza in letteratura della conversione al cattolicesimo di Manzoni.

Per comporli, l’autore abbandonò gli schemi neoclassici con cui scrivevano la maggior parte degli autori suoi contemporanei e cercò altre strade espressive. Il risultato furono gli “Inni sacri”, poesie con le quali Manzoni intendeva celebrare le principali festività dell’anno liturgico e insieme offrire un esempio di lirica nuova, di tipo corale e oggettiva (nel senso che il punto di vista è quello collettivo dei fedeli, mentre il tema è legato a una realtà storica oggettiva, la storia del cristianesimo). 
Inizialmente gli inni dovevano essere dodici, ma ne furono composti solo cinque: la Risurrezione (1812), il Nome di Maria (1812-13), il Natale (1813), la Passione (1814-15) e la Pentecoste (1822, terza stesura). Il punto di vista e il tema di queste liriche (ma molto meno il linguaggio) appartengono alla sensibilità romantica e sono in anticipo rispetto alle dichiarazioni manifeste della poetica romantica, che sono del 1816.

Le Tragedie (1820-22)

Manzoni si dedicò anche alla stesura di opere teatrali, tra cui le più importanti sono le due tragedie de “Il Conte di Carmagnola” e dell’ “Adelchi“.
L’interesse di Manzoni per la tragedia è strettamente collegato alla lettura di Shakespeare, di Goethe e di Schiller, e, in accordo con le polemiche romantiche del tempo, Manzoni elaborò l’idea di una nuova tragedia di ampie dimensioni storiche e di valore universale, capace di destare una nuova coscienza etico-storica, discostandosi dalle regole della tragedia classica dettate dalla Poetica di Aristotele.
Il conte di Carmagnola (1820), è il primo esempio di questa nuova tragedia accompagnata e pubblicizzata dalle polemiche letterarie a seguito dell’abbandono delle unità aristoteliche di tempo e di luogo. Questa tragedia, che si avvale del coro – momento di meditazione lirica, inteso come spazio riservato alla riflessione etico-storica dell’autore – propone un episodio della guerra tra Milano e Venezia nel XV secolo e denuncia la violenza e la cecità della ragion di stato.  Il protagonista, il Conte di Carmagnola, accusato di tradimento e condannato a morte, incarna nella nuova tragedia manzoniana l’ideale dell’Eroe romantico e del guerriero generoso e ambizioso.
L’Adelchi (1822), invece, è ambientata nell’Alto Medioevo e ha una struttura più complessa e aperta, anche se contrappone in modo assolutamente netto, per la rigidità imposta dal genere, gli “eroi della forza” e gli “eroi della fede”. Il tema è la fine della dominazione longobarda in Italia e la sconfitta del re Desiderio a opera di Carlo Magno. Adelchi è il figlio di Desiderio ed è il protagonista dell’opera insieme alla sorella Ermengarda, futura sposa di Carlomagno. I due, anche in questo caso, vengono rappresentati come perfetti personaggi romantici e malinconici, profondamente combattuti tra il sentimento e le passioni e il senso del dovere. Particolarmente significativi sono i cori (in realtà due liriche) in cui Manzoni affronta il tema politico della libertà che non può non essere conquista degli italiani, e il tema della “provvida sventura”, centrale nel successivo romanzo, i Promessi Sposi. La stesura dell’Adelchi fu accompagnata da un’approfondita ricerca storico-documentaria sulla dominazione longobarda in Italia, pubblicata con il titolo di Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia (1822).

Le Odi (1821)

Le due odi, pubblicate nel 1821 a distanza di quattro mesi l’una dall’altra, sono le due più importanti poesie composte dal Manzoni. Esse sono il “Marzo 1821” e “Il Cinque Maggio”.
Sono liriche civili basate su fatti storici vissuti dall’Autore, è un po’ come se in questo periodo, chessò, un rapper componesse una canzone sull’ISIS o su EXPO 2015 o su altri argomenti d’attualità, solo che le liriche del Manzoni erano un pochino più sofisticate.
“Marzo 1821” tratta dei moti risorgimentali italiani di quegli anni, mentre “Il cinque maggio”, che non è il coro da stadio anti interista, quello che fa “Il cinque maggio duemiladue, Lazio-Inter 4-2…”, è invece dedicato alla morte di Napoleone Bonaparte e celebra le sue imprese, e anche qui, è come se ai giorni nostri, un cantante dedicasse una canzone celebrativa al nostro attuale capo del governo, Renzi, anche se non so sinceramente cosa potrebbe venirne fuori.

I Promessi Sposi (1821-1840)

Per approfondire leggere: I Promessi Sposi: riassunto 
I Promessi sono l’opera principe di Manzoni e forse la più importante opera in prosa della letteratura italiana, e togliamo pure il forse. Sono talmente perfetti, che l’autore ci è dovuto tornare su tre volte prima di pubblicare la versione definitiva che tuttora leggiamo
I Promessi sposi sono ambientati a Lecco, a Milano e nel Bergamasco, negli anni tra il 1628 e il 1630 e presenta la struttura tradizionale dell’amore contrastato di due giovani che, dopo una serie di peripezie, riescono a sposarsi. Mancano gli elementi erotici e l’avventura è essenzializzata; in compenso, il romanzo si colloca entro un sistema di valori etici e religiosi molto forti e dentro una realtà sociale e storica carica di elementi negativi (la storia come luogo del male e della “prova”), ma anche capace di rivelare nuove figure sociali (l’operaio-contadino intraprendente e capace di costruirsi un nuovo avvenire: Renzo padrone della filanda) che hanno a che fare con gli orizzonti sociali dell’Ottocento e, indirettamente, con il Risorgimento. 
È il romanzo dei rapporti di forza nella storia, il romanzo del male e della sofferenza collettiva e individuale nella storia, ma è anche il romanzo del riscatto dell’individuo e della natura decaduta (ne è emblema la vigna di Renzo) che si salva; insomma, un grande esempio di come Dio agisce e conferisce senso al dolore. La grandezza dell’opera sta però soprattutto sul piano linguistico: con I promessi sposi Manzoni dette all’Italia l’istituto di una lingua nazionale, svolgendo un ruolo analogo, sul piano culturale, a quello che altri svolsero sul piano politico attraverso il compimento dell’unità d’Italia. 
La lingua di questo romanzo è diventata la lingua dei dizionari e delle grammatiche, oltre che un modello per gli scrittori successivi (con il fenomeno del manzonismo), e ancora nel Novecento.

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