Kant è stato sicuramente uno dei pensatori, se non il pensatore più importante e influente della filosofia nell’epoca moderna ed è stato anche il più importante filosofo illuminista al di fuori della Francia. Il suo studio occupa buona parte del programma del Quarto Anno in tutti i licei che prevedono la filosofia. In questo riassunto su Kant, cercheremo di fare il punto su questo pensatore, vedendo nel dettaglio la sua vita e i caratteri principali delle sue opere e del suo pensiero.

Kant è uno dei filosofi più apprezzati dagli studenti di filosofia perché è indiscutibilmente uno dei più concreti, forse il filosofo più brillante degli ultimi 400 anni insieme a Schopenhauer.

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Kant riassunto

Vita di Kant

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Immanuel Kant nasce nel 1724 a Königsberg, città della Prussia Orientale che attualmente appartiene alla Federazione Russa e porta il nome di Kaliningrad, da una famiglia di fede protestante. Dopo aver concluso gli studi presso il Collegium Fridericianum, il giovane Kant intraprende gli studi universitari, iscrivendosi alle facoltà di Fisica, Matematica e Logica presso l’università della sua città.

Alla morte del padre è costretto ad abbandonare gli studi, perché deve pensare a mantenersi. Per guadagnare il pane quotidiano svolge la professione di insegnante privato fino a quando, nel 1755, grazie all’intervento di un amico, riesce a conseguire il dottorato e quindi a ottenere la cattedra di professore straordinario di matematica e Filosofia all’università di Königsberg. All’inizio della sua carriera, Kant si dedica principalmente alla Fisica e alla Matematica, ma con il passare degli anni aumenta il suo raggio d’interesse a tutte le discipline filosofiche.
In questa prima fase della sua vita Kant si dedica alla scrittura di numerosi trattati su vari argomenti scientifici, in particolare su questioni di geofisica, ma anche se le lezioni accademiche e le opere scritte durante questo periodo consolidano la sua reputazione di filosofo, egli non riesce a ottenere una cattedra filosofica all’università fino al 1770, anno in cui viene nominato professore ordinario di logica e metafisica.

Durante gli anni successivi Kant prosegue l’attività di insegnamento accademico e riesce ad attirare a Königsberg numerosi studenti. Le sue opinioni in campo religioso, fondate sul razionalismo piuttosto che sulla rivelazione, fanno infuriare il governo prussiano e nel 1794 il re Federico Guglielmo II gli proibisce di tenere lezioni pubbliche o di scrivere di argomenti religiosi.

Kant obbedisce a questo divieto per tre anni, fino alla morte del sovrano; dopodiché si considera libero e torna a parlare di religione. Morì nel 1804.

Critica della Ragion Pura riassunto (1781)

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Ne ha scritti molti di libri Kant, ma il più importante è senza dubbio la Critica della Ragion Pura, pubblicato nel 1781. In questo libro Kant esamina i fondamenti e i limiti della conoscenza umana in modo da raggiungere un approccio epistemologico capace di rendere razionalmente legittime le conquiste della scienza moderna.
In modo simile ad alcuni filosofi precedenti, Kant differenzia le modalità del pensiero due categorie, che nomina “giudizi analitici” e “giudizi sintetici“. Un giudizio analitico è una frase nella quale il predicato è contenuto nel soggetto, come per esempio nell’affermazione: “i corpi sono estesi”. La verità di questo tipo di proposizioni è evidente, perché affermando il contrario, ci si autocontraddice. Questo tipo di giudizi è quindi definito “analitico”, perché la verità è scoperta grazie all’analisi del concetto stesso, ma sono anche considerati infecondi sul piano conoscitivo, perché non estendono il sapere.
I giudizi sintetici, invece, sono quelle proposizioni alle quali non si può giungere grazie alla semplice analisi razionale, ad esempio l’asserzione: “i corpi sono pesanti”. In questo caso il giudizio è fecondo, poiché il predicato “pesanti” amplia la nostra conoscenza relativa al soggetto “i corpi”, ma non è universale e necessario, in quanto dipende dall’esperienza. Tutte le proposizioni che risultano dall’esperienza sensibile sono quindi dette “sintetiche”.
Nella Critica della Ragion Pura, Kant afferma che è sempre possibile formulare quest’ultimo tipo giudizi (ad esempio, “ogni cambiamento ha una causa”), ossia giudizi fecondi dal punto di vista conoscitivo, ma nel contempo universali e necessari. Questa posizione filosofica è nota con il nome di “criticismo trascendentale”.
Descrivendo il modo in cui questo tipo di giudizio è possibile, Kant distingue tra i “fenomeni” (dal greco ϕαινόμενον, phainómenon “ciò che appare”) e le “cose in sé”. I fenomeni sono l’unica porzione di realtà che l’uomo può conoscere e consistono propriamente nella sintesi o nell’unione fra il materiale delle nostre sensazioni e le “forme a priori” (cioè quelle che non derivano dall’esperienza) della nostra intuizione, che secondo Kant sono lo spazio e il tempo. Le cose in sé rappresentano invece la realtà pura e semplice, che secondo Kant l’uomo non è in grado di conoscere.
Kant asserisce anche che, oltre allo spazio e al tempo, esistono anche altri “concetti a priori” del nostro intelletto, che il filosofo identifica con il nome di “categorie”. Egli divide quindi queste categorie in quattro gruppi: quelle che riguardano la quantità (unità, pluralità e totalità), quelle che invece sono relative alla qualità (realtà, negazione e limitazione), quelle sulla relazione (causalità e azione reciproca) e quelle concernenti la modalità (possibilità e impossibilità, esistenza e non esistenza, e necessità).
Le “forme a priori” e le “categorie” si applicano al campo dell’esperienza e danno luogo a un sapere scientifico, cioè universale e necessario. Quando invece non sono applicate ai fenomeni, le categorie danno luogo alle cosiddette “idee della ragione” (ad esempio: l’anima, la libertà, Dio), alle quali non può corrispondere nessun fenomeno e che non producono alcuna conoscenza effettiva.
Da questo, quindi, deriva per Kant l’impossibilità di elevare la metafisica al rango di una scienza, che quindi rimane solo un’aspirazione dell’animo umano.

Fondazione della Metafisica dei costumi (1785)  e Critica della ragion pratica (1788)

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In queste altre due opere, Kant espone le sue idee riguardanti l’Etica. Kant concepisce un sistema etico nel quale  viene attribuita alla ragione la massima autorità  in campo morale. Egli ritiene che tutte le azioni debbano fondarsi su un dovere dettato solo dalla ragione e che nessuna azione compiuta solo per convenienza o seguendo alla legge o la consuetudine vigente, possa essere considerata morale.

Kant descrive in particolare due possibili tipi di ordini impartiti dalla ragione: l’imperativo ipotetico e l’imperativo categorico. Il primo è quello che impone un determinato corso d’azione per raggiungere un fine specifico, mentre il secondo impone un corso di azioni che deve essere seguito a causa della sua correttezza e necessità. L’imperativo categorico, secondo Kant, è il fondamento della moralità e il filosofo lo enuncia con queste parole: “Agisci come se la massima della tua azione dovesse diventare, per mezzo della tua volontà, una legge universale”.

Le posizioni etiche di Kant sono la conseguenza logica del suo credere nella fondamentale libertà dell’individuo, la quale, se  nel campo scientifico rimane indimostrabile, da un punto di vista morale viene legittimata. Egli considera la libertà essenzialmente come autonomia, cioè come la capacità, in campo morale, della nostra volontà di  produrre leggi da se stessa e in modo razionale.

Critica del Giudizio (1790)

In questa opera, invece,  Kant esprime la sua posizione per quanto riguarda l’Estetica. In particolare, Kant fornisce un’indagine sulla nostra capacità di giudizio estetico (o “gusto”). Il giudizio estetico, anche se si fonda sul sentimento, è però contraddistinto da un’universalità speciale, seppure di tipo soggettivo, per la quale quando diciamo che un certo oggetto è “bello”, noi siamo consapevoli di oltrepassare il piano di ciò che è soltanto “piacevole” (e quindi relativo a ciascun individuo), per affermare invece qualcosa che può essere condiviso, in linea di principio, da tutti.

Kant e la storia

La riflessione che Kant fa sulla storia consiste sostanzialmente nell’idea di un progresso culturale di tutta l’umanità. Kant teorizza una società ideale in cui la ragione “avrebbe impegnato ogni legislatore a emanare le leggi in modo tale che esse avrebbero potuto essere scaturite dalla volontà unita di un intero popolo, e in modo da valutare ogni soggetto, nella misura in cui desidera essere un cittadino, su queste basi: se egli si sia conformato o meno a quella volontà”. Ciò si può leggere nel trattato “Per la pace perpetua” (1795) in cui Kant pensa anche all’instaurazione di una federazione mondiale di stati repubblicani. 

Altre opere minori sono i “Prolegomeni a ogni metafisica futura che voglia presentarsi come scienza “(1783), i “Principi metafisici della scienza della natura” (1786), “La religione nei limiti della semplice ragione” (1793), e “La metafisica dei costumi” (1797).

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