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Il capitolo 13 dei Promessi Sposi è il proseguimento del capitolo 12 dei Promessi Sposi 

e la scena delle vicende è come nel capitolo precedente la piazza dove si trova la casa del vicario di provvisione, che è il personaggio preso di mira dai tumulti a causa dell’innalzamento del prezzo del pane da lui deciso.
Questo capitolo 13 dei Promessi Sposi è caratterizzato da una narrazione fluida e scorrevole, senza le interruzioni che spesso troviamo nelle altri parti del romanzo.

Questo, come il capitolo precedente, è un capitolo che tratta di storie che sembrano essere ambientate nell’Italia del terzo millennio, difatti Manzoni era letteralmente un genio, e gli italiani non sono cambiati minimamente.

Riassunto capitolo 13 Promessi Sposi

Eventi capitolo 13 Promessi Sposi

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Il capitolo 13 dei Promessi Sposi comincia con l’immagine del vicario a cena, che viene presentata come particolarmente povera, addirittura “senza pan fresco” e che rappresenta anche l’umore del vicario, turbato dall’assalto ai forni da parte del popolo.

Ma il peggio deve ancora venire: infatti la folla urlante si sposta proprio verso la casa del vicario cominciando a lanciare pietre e altri oggetti contro il portone, sbarrato dai servi.
Il vicario, pallido e preoccupato, si chiude nel nascondiglio prevedendo un’imminente assedio popolare.
Manzoni si sposta poi su Renzo, che è invece proprio nel bel mezzo del tumulto, assiste all’arrivo dei soldati spagnoli che però, impressionati dall’enorme quantità di gente e indecisi sul da farsi, non riescono ad intervenire in maniera efficace, per paura di fare una strage di civili, con conseguenze drammatiche; quindi la folla, vedendo l’incertezza del comandante, continua ad infierire sul palazzo del vicario con maggior furore.

Renzo, infastidito da quest’eccessiva foga delle persone (dalle quali sente anche orrende frasi rivolte al vicario), prova invano ad uscire dal tumulto.
All’improvviso tra la folla si sparge una voce, che si propaga di bocca in bocca: è in arrivo Antonio Ferrer, gran cancelliere di Milano, il quale con la sua carrozza divide la ressa in due parti.
Successivamente vi è un’osservazione di Manzoni, che descrive in poche righe la massa, il popolo.
Essa è sempre condizionata da persone che “soffiano sul fuoco” e da persone che “s’adoprano per produrre l’effetto contrario” ed è pronta a seguire all’unanimità una parte o l’altra.
In quella situazione la folla è tutta per Ferrer, autore di un calmiere sul prezzo esorbitante del pane e dunque molto gradito al popolo.

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Anche Renzo parteggia per Ferrer e si adopera per far passare la carrozza in mezzo alla folla; da essa si sporge il cancelliere, sorridente e con un viso benevolente verso la folla, che ricambia con urla gioiose i suoi saluti e i suoi baci.

Ferrer riesce dunque ad entrare a casa del vicario e a farlo uscire, tenendolo però nascosto nella carrozza per evitare che venisse insultato ulteriormente; intanto, uscendo nuovamente in strada, la folla continua ad acclamare Ferrer, che ricambia salutando mentre la carrozza si dirige verso il castello.
Della sorte del vicario, che vorrebbe andare a vivere isolamento per essere dimenticato da quel popolo, non si sa più niente e Manzoni scrive “non  si fa più menzione de’ fatti suoi”.

Personaggi capitolo 13 Promessi Sposi

Il capitolo 13 dei Promessi Sposi ha come protagonisti alcuni personaggi che abbiamo già incontrato anche se solo nei pensieri delle persone, un po’ come nel capitolo 2 dei Promessi Sposi, quando Renzo pensa a Don Rodrigo e Lucia, che appaiono per la prima volta anche se solo nei pensieri di Renzo: infatti il gran cancelliere Ferrer viene già citato da Manzoni nel capitolo 12 dei Promessi Sposi quando lo scrittore parla appunto del calmiere al prezzo del pane da lui posto.
Questo personaggio è molto importante perché rappresenta la classe politica che pur di guadagnarsi il favore del popolo vara delle leggi controproducenti per i commercianti (in questo caso i fornai) che vanno a favore appunto degli acquirenti (il popolo).

Il carattere di Ferrer è di grande attualità nonostante il romanzo sia ambientato nel ‘600 poiché è possibile accostarlo a diverse figure anche della nostra politica, disposti a qualunque cosa pur di compiacere il popolo.

Il vicario di provvigione invece ha un carattere ed un ruolo praticamente opposto a quello del cancelliere: infatti egli è a capo di una commissione nominata direttamente dal governatore per trovare una soluzione alla grave situazione dei fornai.

Il risultato fu il nuovo rialzamento del prezzo del pane grazie al quale “i fornai respirarono: ma il popolo imbestialì”.
Proprio a causa di questa decisione il vicario fu visto ingiustamente dalla folla come un nemico, poiché aveva alzato i prezzi del pane, mentre era una mossa inevitabile per evitare il fallimento dei fornai.

Protagonista del capitolo 13 dei Promessi Sposi è nuovamente Renzo, che rimane coinvolto nel tumulto e rappresenta il volgo in generale: infatti appena arriva Ferrer si schiera subito dalla sua parte seguendo la massa, benché non avesse la minima idea delle sue azioni e delle sue idee politiche.
In lui Manzoni scova anche una certa ingenuità, caratteristica che per il giovane sarà spesso controproducente e che però, con il passare del tempo e con l’acquisizione di esperienza, scomparirà man mano dall’animo di Renzo.

Commento capitolo 13 dei Promessi Sposi

L’emblema del capitolo 13 dei Promessi Sposi è la rappresentazione manzoniana della folla, che viene vista più come un branco di animali selvaggi che come un insieme di persone, che coinvolge anche persone che c’entrano poco o niente ma che vengono convinte dalle parole di quelli che cercano di guidare il volgo nella direzione da loro voluta.
Importante è inoltre il concetto della dissoluzione del singolo nella massa, che lo ingloba e lo fa diventare una parte di sé: è come se una cellula estranea (Renzo) venisse compresa dentro un tessuto (il popolo) e diventasse una sua parte a tutti gli effetti, inglobata in quella realtà, nonostante essa all’inizio ne fosse completamente estranea.
Infine Manzoni fa appunto una discussione sulla politica spagnola, anche se rispetto a quelle precedenti è una discussione implicita, ovvero che viene fatta attraverso il comportamento dei personaggi, senza una vera e propria digressione. In ultimo, ritorna anche l’aspetto della lingua utilizzata come elemento di separazione piuttosto che di unione: Ferrer, in italiano, promette al popolo il pane ma contemporaneamente, in spagnolo, cioè nella sua lingua, parla assieme al suo cocchiere e al vicario lanciando frecciate contro la folla. Questo aspetto era venuto fuori già nel capitolo 2: “Che vuol che mi faccia del suo Latinorum” diceva Renzo a un Don Abbondio che citava parole latine a caso dal diritto canonico nell’intento di trovare una scusa per non celebrare il matrimonio.

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