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Picasso è senza dubbio uno dei maggiori artisti che mai abbiano messo piede su questa nostra terra. Le sue opere, contenute nei musei più importanti del mondo e pagate cifre esorbitanti dai vari collezionisti, si possono classificare in qualsiasi stile pittorico e scultoreo: Picasso, infatti, non ha prodotto solo opere cubiste e sarebbe da ignoranti pensarlo, esistono quadri perfettamente realisti, surreali, astratti e vicini ad altre correnti come l’espressionismo o il post-impressionismo, senza contare le opere che si rifanno al cosiddetto stile “primitivo” e ai periodi blu e rosa. Lo vedremo meglio in questo riassunto della vita e dell’operato di Pablo Picasso, pittore che ha buonissime probabilità di essere protagonista della vostra tesina delle medie, della maturità o di venir interpellato dai vostri esaminatori.
Detto questo, andiamo a conoscere meglio questo immenso genio dell’arte.
Riassunto Picasso

Riassunto Picasso


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Pablo Ruiz y Picasso (in tutto il mondo ispanico le persone portano due cognomi, quello del padre e quello della madre. Solo in Argentina questo tipo di consuetudine non vige, ma l’Argentina è un paese molto particolare) nasce a Malaga, città dell’Andalusia, il 25 ottobre del 1881. Già da piccolo possedeva un talento straordinario per la pittura, in un’intervista dichiarò:

« A los doce años sabía dibujar como Rafael, pero necesité toda una vida para aprender a pintar como un niño. »
«A dodici anni sapevo disegnare come Raffaello, ma impiegai tutta la vita per imparare a dipingere come un bambino»
Vi cito queste sue parole anche nella sua lingua perché nel caso studiaste lo spagnolo a scuola e decideste di parlare di lui nella tesina le possiate usare. Torniamo all’artista.
Da bambino aveva già un talento straordinario per l’arte e a quindici anni, complice anche l’aiuto del padre José Ruiz Blasco, insistente e pressante professore di disegno, vinse una borsa di studio per la Real Academia de Bellas Artes di Madrid. Decide però di non sfruttarla e di partire alla volta di Barcellona, città molto più viva dal punto di vista artistico e culturale rispetto alla capitale, senza negarsi qualche gitarella (leggasi lunghissime trasferte) a Parigi, a quei tempi la capitale universale della cultura e dell’arte.

Il Periodo Blu e il Periodo Rosa


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A Parigi ha modo di frequentare e conoscere i più grandi artisti del suo tempo e in particolare Kees van Dongen e Henri Matisse. La sua opera, in questo periodo, si rifà particolarmente al postimpressionismo di Paul Gauguin e dei pittori nabis (un gruppo di pittori che si riconoscevano nell’avanguardia postimpressionista), con suggestioni fin-de-siècle derivate da Edgar Degas e Henri de Toulouse-Lautrec. Con quest’ultimo, condivide in particolare un interesse: quello per i soggetti tratti dal mondo della strada e della vita notturna, che Picasso rappresenta in scene caratterizzate da un timbro doloroso e malinconico, per qualche anno dominate dal colore blu (il dipinto più famoso di questo periodo è Bevitrice d’assenzio, 1901, Ermitage, San Pietroburgo), il cosiddetto “Periodo Blu”. Queste prime opere vengono firmate con il cognome della madre, Picasso, che sarà poi la firma anche di tutte le sue opere successive. Il cognome ‘Picasso’ non è spagnolo, ma genovese: il nonno della madre dell’artista, Tommaso Picasso, era infatti originario della Liguria e si trasferì in Spagna all’età di 20 anni.

Nel 1904 si stabilisce a Parigi definitivamente, prendendo alloggio in una casa di Montmartre già in precedenza abitata da vari artisti: qui vive con Fernande Olivier, sua compagna fino al 1912, la cosiddetta ‘belle Fernande‘ protagonista di tante opere. La sua arte cambia e allora la sua tavolozza si riempie delle sfumature del rosa, e appunto questo colore viene citato dalla critica per indicare il periodo della sua produzione tra il 1904 e il 1905, il cosiddetto “Periodo Rosa“. Tra i soggetti  di questo periodo predominano personaggi del circo, saltimbanchi, arlecchini (come per esempio in Famiglia di acrobati, 1905, Konstmuseum, Göteborg). In quegli anni sperimenta anche la carriera incisore e conosce i poeti Max Jacob e Guillaume Apollinaire, i mercanti d’arte Ambroise Vollard e Henry Kahnweiler e della scrittrice statunitense Gertrude Stein che, con il fratello Leo, è stata la sua prima importante committente. Di tutti loro abbiamo famosissimi ritratti.
Il Cubismo

Questo stile viene perfezionato l’anno seguente, quando Picasso visita insieme al suo amico parigino Georges Braque l’enorme mostra retrospettiva dedicata a Cézanne. Stimolati da questa esperienza, i due iniziano a produrre paesaggi accostando sulla tela elementi geometrici ad angoli vivi, descritti dai critici come piccoli cubi: di qui infatti deriva il termine cubismo. Lo stile adottato dai due artisti in questo periodo fu definito cubismo “analitico”, e si caratterizza, oltre che per la scomposizione delle figure in differenti piani di profondità, per la prevalenza di opere caratterizzate per essere dipinte pressoché con toni di un solo colore (come il Ritratto di Ambroise Vollard, 1910, Museo Puškin, Mosca). Tra i soggetti di questo periodo, Picasso predilige prevalentemente nature morte, strumenti musicali e ritratti di amici.
La seconda fase del cubismo, che inizia a partire dal 1912, viene chiama cubismo “sintetico”. Sintetico perché la maggior parte delle opere vengono realizzate con la tecnica del collage. Questa tecnica permette all’autore di ristabilire una specie di contatto “tattile” con l’arte e con la realtà, ridonando alle sue opere la concretezza persa con le opere astratte e estremamente complesse dell’anno precedente. L’applicazione sulla tela di materiali poveri (pagine di giornale, pezzi di plastica, lettere stampate), combinata con l’uso del colore, consentiva la resa di informazioni  (la forma, il volume, la materia, l’aspetto cromatico) altrimenti legate alla prospettiva e questa nuova lettura della realtà, intesa come costellazione di elementi che si compenetrano gli uni con gli altri, sarà il perno caratterizzante di tutta l’opera successiva dell’artista.
Questo stile viene sperimentato anche in scultura, dove l’artista sperimenta utilizzando i materiali più disparati: per esempio, la scultura Mandolino e clarinetto (1913, Musée Picasso, Parigi) è composta di frammenti di legno, metallo, carta. 

Il “periodo Neoclassico” e l’influenza del surrealismo


Dopo la Grande Guerra, durante la quale Picasso soggiorna in Italia e inizia a collaborare con l’impresario russo Sergej Diaghilev disegnando costumi e scenografie per i Ballets Russes, l’artista inizia una relazione con una delle ballerine, tale Olga Koklova, che diviene la sua prima moglie. Successivamente, dopo aver spremuto il cubismo in tutte le salse, rinnega che questo movimento sia mai esistito e torna per un certo periodo a dipingere figure “normali”, realistiche, ritornando “all’ordine”. Questo periodo viene definito da alcuni critici come il “periodo Neoclassico” di Picasso o quello del “Ritorno all’Ordine”. Tuttavia, nel 1925, viene dipinto un quadro popolato da immagini mostruose, deformi e da figure umane caratterizzate dalla testa minuscola e dalla posa contorta, insomma, un quadro molto simile a quelli del suo collega barcellonese Salvador Dalí, esponente maggiore del cosiddetto surrealismo. Anche se Picasso non rivela mai di riconoscersi in questo movimento, sicuramente in questi quadri se ne vede una certa influenza.

Guernica

Guernica spiegazione
Questo è senza dubbio il più famoso quadro di Picasso e meriterebbe un articolo a parte data l’enorme quantità di cose che si possono dire su di lui. Per ora gli dedichiamo soltanto un piccolo spazio, perché altrimenti non possiamo più chiamare questo articolo “Riassunto Picasso” ma dovremmo chiamarlo “Riassunto Guernica”. E la parola “riassunto” potrebbe non bastare.
Nel 1935 l’artista, dopo un lungo periodo in cui si dedica principalmente alla scultura, termina la serie della Minotauromachia, considerato uno dei suoi capolavori da incisore. Nel 1936, il Generale Franco, con un colpo di stato, prende il potere in Spagna e scoppia la guerra civile, che in quattro anni devasta il paese. Se volete avere una minima idea di cosa volesse dire trovarsi in mezzo a quella guerra  e soffrire quello che hanno sofferto gli Spagnoli in quegli anni, potete farlo attraverso gli occhi di chi queste sofferenze le ha vissute. Picasso è stato fortemente influenzato da questa esperienza e l’enorme tela intitolata Guernica (conservata oggi presso Centro de Arte Reina Sofía, Madrid) ne è l’esemplificazione a olio su tela. Viene dipinta in seguito al bombardamento, da parte dell’aviazione tedesca alleata di Franco, dell’omonima cittadina basca, avvenuto il 26 aprile 1937. Completato in fretta e furia in meno di due mesi, il quadro viene esposto subito nel padiglione spagnolo dell’Esposizione internazionale di Parigi del 1937. Si tratta di una forte denuncia degli orrori della guerra attraverso immagini simboliche – un toro, un cavallo agonizzante, un soldato caduto, una madre con il figlio morto, una donna imprigionata in un edificio in fiamme – che nella mitologia figurativa di Picasso sono cariche di ogni tipo di significato. L’opera risulta talmente ben riuscita da suscitare sul sul pubblico un impatto devastante quasi come le bombe lanciate su Guernica e viene subito riconosciuta come summa formale ed espressiva del percorso dell’artista fino a quel momento.
Se vi capita di passare da Madrid, passate dal Reina Sofia e soffermatevi qualche minuto ad ammirare questo dipinto. Dopo averlo osservato, chiudete gli occhi per qualche minuto e concentratevi su quello che avete visto: sentirete le urla dei cittadini straziati dal bombardamento e della donna dilaniata dal dolore sulla sinistra. È un’esperienza indimenticabile che almeno una volta nella vita vale la pena provare. Io avevo 12 anni quando l’ho sperimentata, e vi garantisco che adesso, mentre vi sto scrivendo, a cinque anni di distanza, non riesco a togliermi dalla mente quella sensazione.
Ma adesso torniamo a Picasso…

Gli anni dalla Seconda Guerra Mondiale alla morte

Con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, la tavolozza di Picasso diviene sempre più cupa e triste e la morte e la sofferenza diventano il tema centrale della maggior parte delle opere di questo periodo: oltre alle tele dal titolo Donna piangente (ispirate a Dora Maar, la storica compagna dell’artista, affranta per il suo abbandono), significativi sono i dipinti in cui ricorre l’immagine del teschio, animale o umano (Cranio di toro, frutta e brocca, 1939, The Cleveland Museum of Art; Natura morta con cranio di toro, 1942, Piancoteca di Brera, Milano). La tragica realtà della guerra, dell’ultima come di ogni guerra e di ogni violenza, viene trattata in una nuova tela monocromatica (similmente a Guernica), Il carnaio (1945, Museum of Modern Art, New York), e nella successiva grande composizione Massacro in Corea (1951); mentre sempre più lentamente lo stile di Picasso si avvia sempre più verso la normalità, vengono prodotti capolavori che sono un inno alla pace e ai valori universali dell’uomo, come La gioia di vivere (1946, Musée Picasso, Antibes) la Colomba (1949) realizzata per il Congresso mondiale degli intellettuali per la pace tenutosi a Wroclaw, fino al famoso dittico La guerra e La pace (1952, Tempio della Pace, Vallauris).  Nel frattempo, una copia di Guernica viene esposta all’ONU, l’organizzazione mondiale che dovrebbe garantire la pace nel mondo, quasi a monito delle sofferenze che la guerra può portare.
Negli anni Cinquanta Picasso si dedica anche alla rielaborazione di quadri di grandi maestri del passato, remoto e recente, in particolare Diego Velázquez (Las Meninas, 1957, Museo Picasso, Barcellona), Eugène Delacroix (Donne di Algeri), Edouard Manet (Le déjeuner sur l’herbe). Contemporaneamente l’artista è molto attivo anche come incisore e, dal 1947, come ceramista, dando vita a una produzione immensa. Numerose sono inoltre le sculture eseguite assemblando materiali d’uso quotidiano; La capra (1950, Musée Picasso, Parigi), in bronzo, superbo esempio dell’arte dell’assemblaggio degli oggetti quotidiani ereditata dai principi del collage cubista, è senz’altro la più importante.
Picasso non smise mai di produrre opere d’arte di grandissimo valore e la sua vena artistica non si esaurì neanche negli ultimi anni della sua vita. Durante gli anni ’70 l’artista – ormai famosissimo – ritorna sui soggetti già trattati con uno sguardo più penetrante e consapevole: toreri (Torero, 1971, collezione privata), damerini settecenteschi, moschettieri, oltre ai numerosi ritratti della sua ultima compagna, Jacqueline, e agli autoritratti nei quali si legge una vena angosciosa. Gli uomini barbuti, con la pipa e il cappello di paglia, fanno pensare a una meditazione sull’opera di Van Gogh (Uomo con cappello di paglia, 1964, collezione privata). Lo stile riprende efficacemente i tratti più espressivi del cubismo, con qualche influenza anche primitiva (Donna nuda con le braccia alzate, 1964, collezione privata; Testa d’uomo del XVII secolo, 1967, collezione privata). 
A Picasso sono stati dedicati molti saggi e innumerevoli mostre, anche quando l’artista era ancora in vita. Tra le più importanti ricordiamo quella del 1971 al Louvre, in occasione del novantesimo compleanno del maestro, onore che raramente viene tributato a un artista vivente. I suoi capolavori sono esposti al pubblico in tutti i maggiori musei del mondo, alcuni dei quali interamente dedicati alla sua figura, situati nelle città che più sono state rappresentative per l’artista. (Museo Picasso di Malaga, Barcellona, di Parigi, di Antibes).
Pablo Picasso muore a Mougins, città della Provenza, l’8 Aprile del 1973. Aveva 91 anni.

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