Il risorgimento è stato un momento storico cruciale per l’Italia: dopo secoli e secoli, infatti, è tornata a essere uno stato indipendente dal dominio straniero, ma soprattutto si è unita in un unico regno. Esamineremo tutto ciò in questo riassunto sul Risorgimento, il periodo in cui l’Italia cessò di essere solo un’ “espressione geografica” e diventò un vero e proprio stato nazionale.

Risorgimento riassunto

Il 1848: l’anno delle rivoluzioni

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Già dal 1815, anno in cui, dopo la caduta di Napoleone tutto tornò come era prima della Rivoluzione Francese, molti popoli si sentivano in qualche modo oppressi dalle decisioni del congresso di Vienna: le monarchie assolute erano tornate a fare gli interessi della nobiltà e la borghesia, che aveva fatto la rivoluzione in Francia, in tutta Europa premeva per ottenere almeno una costituzione. A partire dal 1820, in ogni nazione d’Europa e anche nelle colonie spagnole in America Latina scoppiarono rivolte popolari, ma il culmine arrivò nel 1848.

Il 1848 è considerato l’anno che ha cambiato l’Europa, l’anno X della rivoluzione, tanto che verrà riconosciuto dagli storici come “Primavera dei Popoli“. Non ci fu paese nel vecchio continente che in quell’anno non si ribellò: in Francia era tornata la Repubblica, in Germania il re di Prussia fu costretto a concedere la costituzione, mentre gli altri stati tedeschi premevano per costruire una confederazione più unita, nell’Impero Austriaco, dopo le dimissioni di Klemens von Metternich da primo ministro scoppiò il caos: ogni popolo dell’impero reclamava l’autonomia e, ovviamente, anche gli Italiani.

A gennaio ’48, la città di Milano insorse contro l’Austria nell’ambito della cosiddetta rivolta delle 5 giornate di Milano e contemporaneamente si sollevò anche la città di Napoli. Nei mesi successivi si ribellarono anche Venezia e Roma e venne reclamata la Repubblica in entrambe le città. Nello stesso anno, il Piemonte Sabaudo, in cui da poco re Carlo Alberto aveva concesso la costituzione dello Statuto Albertino, dichiarò guerra all’Austria (Prima Guerra d’Indipendenza). Il Risorgimento Italiano era cominciato.

Come sarebbe dovuta essere l’Italia unità

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In questo periodo, molti filosofi e pensatori si interrogavano su che forma di governo avrebbe dovuto assumere la futura Italia Unita. Le correnti di pensiero erano fondamentalmente due: coloro che ritenevano che l’Italia sarebbe dovuta essere uno stato unitario e coloro i quali invece erano fermamente convinti che i vari statarelli regionali si sarebbero dovuti unire in una federazione.

Tra questi ultimi, vi era ancora una divisione: c’erano infatti coloro che credevano che la federazione dovesse essere guidata dal Papa (i seguaci di Vincenzo Gioberti), chi invece voleva che fossero i Savoia a comandare (Cesare Balbo), chi ancora sperava in una repubblica federale liberale (Carlo Cattaneo).
Quelli che volevano invece lo stato unitario, si riconoscevano tutti nel pensiero di Giuseppe Mazzini, il quale fondò nel 1831 il movimento della Giovine Italia. I propositi di questo movimento erano principalmente democratici: Mazzini infatti credeva che l’unica soluzione per l’Italia fosse la creazione di una Repubblica Democratica unita, ottenibile soltanto con l’impegno di ogni classe sociale. I moti a conduzione Mazziniana, però, fallirono miseramente, come per esempio l’impresa dei fratelli Bandiera in Calabria o quella di Carlo Pisacane in Campania. Ciò decretò che la futura unità del paese dovesse partire dall’iniziativa di una monarchia italiana potente, e il Piemonte colse la palla al balzo.

La Prima Guerra d’Indipendenza e la Repubblica di Roma

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Ora andremo a Nel 1848, sotto la pressione dei liberali e dopo le rivolte antiaustriache di Milano e Venezia, il re Carlo Alberto di Savoia decide di dichiarare guerra all’Austria, sapendo di poter contare sull’appoggio borbonico e pontificio. Dopo l’iniziale vittoria di Pastrengo, però, le truppe austriache del maresciallo Radetzky riuscirono a sconfiggere sul campo i piemontesi, rimandandoli da dove erano venuti. Nel 1849, quando cessarono l’ostilità, Carlo Alberto, resosi conto di aver fallito, abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele, che diventò re come Vittorio Emanuele II.

Quasi in contemporanea con la Prima Guerra d’Indipendenza, a Roma i democratici mazziniani entrarono in città e proclamarono la Repubblica, costringendo Papa Pio IX a rifugiarsi a Gaeta. Questo fu l’unico temporaneo successo dei democratici, successo che però si esaurì quasi subito: a aprile del 1849, circa un mese dopo la sconfitta rimediata a Novara dai Piemontesi contro gli Austriaci, le truppe Francesi giunte a supporto del Papa sbaragliarono la milizia repubblicana. Durante i combattimenti, venne ferito un giovane rivoluzionario di nome Goffredo Mameli, che durante l’esperienza romana scrisse una bellissima poesia nota come il “Canto degli Italiani“, che oggi è diventato l’inno nazionale della nostra Italia, conosciuto infatti come “Inno di Mameli”.


Gli anni ’50 dell’Ottocento: il decennio decisivo

Nel 1852 diventa primo ministro del Regno di Sardegna, cioè dello stato Piemontese, il conte Camillo Benso di Cavour. Durante il suo governo, il Piemonte diventò il più potente e moderno stato regionale italiano: venne aumentata la produzione agricola, ampliata la rete ferroviaria, il porto di Genova diventò il più importante del Mediterraneo. Tutti gli indizi suggerivano che il Piemonte dovesse essere in qualche mondo il motore dell’unificazione della penisola.
Una delle più potenti armi di Cavour fu la diplomazia: nel 1854 convinse re Vittorio Emanuele a partecipare alla Guerra di Crimea al fianco dell’Inghilterra, della Francia e dell’Impero Ottomano contro la Russia. La guerra si rivelò alla fine vittoriosa e Cavour colse l’occasione per portare agli occhi delle potenze straniere la questione Italiana e riuscì a ottenere l’appoggio diplomatico di Inglesi e Francesi. Con questi ultimi fece accordi molto importanti: nel 1858 (Accordi di Plombiéres) Cavour incontrò il capo di stato Francese Napoleone III e lo convinse a prendere parte attiva a una guerra contro l’Austria, se questa avesse attaccato il Piemonte, in cambio, in caso di vittoria il Piemonte avrebbe ottenuto la Lombardia e il Veneto e alla Francia sarebbero andati i territori piemontesi di Nizza e della Savoia. A questo punto ai Piemontesi occorreva soltanto che l’Austria dichiarasse loro guerra, quindi iniziarono una grande opera di provocazione, spingendo tutte le truppe sul confine del Ticino. L’Austria allora inviò agli ambasciatori piemontesi un ultimatum con il quale intimava di far rientrare le truppe e in caso contrario avrebbe dichiarato guerra al Piemonte. Cavour non aspettava altro: stracciò l’ultimatum e la dichiarazione di guerra arrivò puntuale. Era iniziata la Seconda Guerra d’Indipendenza. i Franco-piemontesi trionfarono nelle battaglie di Magenta, Solferino e di San Martino e sembrava che la guerra avesse preso la piega desiderata. Napoleone III, però, iniziava a temere la crescente potenza del Piemonte. il 10 luglio del 1859, firmò quindi unilateralmente la pace con gli Austriaci (Armistizio di Villafranca), con la quale ottenne la Lombardia dall’Austria e la cedette al Piemonte, e come da accordo si prese Nizza e la Savoia.
Alla fine della Seconda Guerra d’Indipendenza, la situazione degli stati Italiani cambiò improvvisamente: l’egemonia austriaca era profondamente calata e negli stati della Toscana, di Parma e di Modena, governati da parenti degli Asburgo, si vennero a creare dei governi provvisori che si dichiararono favorevoli all’annessione al Piemonte. Nel marzo del 1860, quindi, dei plebisciti (cioè delle votazioni popolari avvenute in seguito a ribellioni) sancirono l’annessione al Piemonte di queste regioni.


L’impresa di Garibaldi e la nascita del regno d’Italia

Nel maggio del 1860, un piccolo esercito formato da poco più di mille volontari salpò dal porto di Quarto presso Genova con un obiettivo molto ambizioso: conquistare il Meridione e consegnarlo all’Italia. A capo di questa spedizione vi era il rivoluzionario democratico Giuseppe Garibaldi, che era da poco tornato dall’America dove aveva aiutato i rivoluzionari Uruguayani e Riograndensi a ottenere l’indipendenza rispettivamente dall’Argentina e dal Brasile. Questa spedizione passò alla storia come la “Spedizione dei Mille“.
Garibaldi e i suoi approdarono a Marsala l’11 maggio e il 6 giugno avevano già liberato Palermo, anche grazie al gran numero di contadini e volontari che si unirono all’esercito dei Mille. Alla fine di settembre, l’esercito Garibaldino aveva già raggiunto Napoli e il 2 ottobre, dopo la vittoria garibaldina presso il Volturno, il Regno delle Due Sicilie era definitivamente sconfitto. 
Contemporaneamente, re Vittorio Emanuele, alla testa del suo esercito, riportò importanti vittorie ai danni del Papa in Umbria e nelle Marche e, con dei plebisciti, anche queste regioni si unirono al Piemonte. Il re quindi incontrò Garibaldi a Teano e si fece consegnare il Regno delle Due Sicilie appena conquistato, che si unì ufficialmente al Piemonte con un altro plebiscito, celebrato a Napoli. Vittorio Emanuele aveva deciso di intervenire perché temeva che Garibaldi, dopo aver conquistato il sud, avesse intenzione di dirigersi a Roma per prendere anche il Lazio, suscitando pericolose dispute internazionali che avrebbero mandato a monte tutto il lavoro fatto fino a quel momento.
Il 17 marzo del 1861, dopo che anche il Meridione, la Sicilia, l’Umbria e le Marche erano entrate nella sfera piemontese, re Vittorio Emanuele II diventò il Primo Re d’Italia. Quasi nello stesso momento, Cavour morì, sapendo di aver portato a termine il suo scopo.
L’Unità della Penisola Italiana, però, non era ancora completa definitivamente: mancavano ancora all’appello il Veneto, ancora in mano all’Austria, e il Lazio, dove ancora regnava il Papa.


Il completamento dell’Unità

Nel 1866, il Regno di Prussia dichiarò guerra all’Austria e il neonato Regno d’Italia approfittò della situazione per stringere un accordo con il cancelliere Otto von Bismarck. Bismarck vedeva nell’Italia un alleato importante perché avrebbe tenuto impegnata l’Austria a Sud, permettendogli di proteggere il confine tedesco. L’Italia quindi entrò per la terza volta in guerra contro l’Austria, questa volta al fianco della Prussia, e anche se subì delle sconfitte non indifferenti, alla fine si rivelò vincitrice e riuscì a prendere il Veneto, che si unì all’Italia con un plebiscito (3 ottobre 1866).
La Prussia aiutò in qualche modo l’Italia anche quattro anni più tardi, quando sconfiggendo la Francia nella guerra Franco-Prussiana del 1870, aprì la strada per la presa Italiana di Roma. Il Papa aveva perso il suo alleato più forte e quindi diventava vulnerabile. 
Il 20 settembre del 1870, i bersaglieri Italiani entrarono a Roma e la presero (breccia di Porta Pia), segnando la fine del potere temporale dei Papi. Roma si unì ufficialmente all’Italia con un plebiscito e nel 1871 diventò la capitale del Regno.
All’appello mancavano soltanto il Trentino e la Venezia Giulia, due terre di cultura italiana che appartenevano ancora all’Austria, che vennero conquistate dopo la Prima Guerra Mondiale, la quarta volta in cui gli Italiani dichiararono guerra all’Austria. Molti in Italia, infatti, facevano riferimento alla Prima Guerra mondiale chiamandola “Quarta Guerra d’Indipendenza”.

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