E’ sicuramente il carnivoro più famoso dell’Era Glaciale, un famigerato e micidiale predatore: lo Smilodonte.

Smilodonte

Il suo nome dal greco significa “Dente a coltello“, un nome più che ovvio date le sue famose lunghe zanne. Questo grosso felino, nonostante il suo più noto nome “Tigre dai denti a sciabola“, era più simile al leone piuttosto che alla tigre. La specie principale era lo Smilodon fatalis, lungo almeno 2 metri, la specie più piccola era lo Smilodon gracilis, mentre quella più grossa era lo Smilodon populator.

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Questo spaventoso animale, dotato di grande forza, intelligenza e ferocia, ha spadroneggiato nel Nord e nel Sud America, dal Miocene circa 5 milioni di anni fa al Pleistocene superiore fino a circa 10.000 anni fa. Aveva una taglia simile a quella del leone ma era del 30% più grosso. Lo Smilodonte aveva delle formidabili armi che lo hanno reso il re dell’Era Glaciale: la principale era il suo caratteristico cranio, dotato di due lunghe e formidabili zanne.
Queste zanne, paragonabili a veri e propri pugnali incorporati nella bocca, erano estremamente affilati e lunghi fino a 20 centimetri, con i quali era capace di azzannare una preda alla gola una volta balzatale addosso, recidendole i tendini, la trachea, le arterie e la giugulare, sgozzandola con una rapidità e un indiscrezione sorprendenti.
Tali zanne potevano essere molto utili anche nello scontro tra maschi adulti per una femmina o come segno distintivo dei maschi nel corteggiamento di una femmina.

Una volta si riteneva che queste zanne in realtà fossero piuttosto fragili, poiché mentre lo Smilodonte uccideva facilmente e rapidamente le sue prede dissanguandole alla gola, il leone e la tigre invece avendo i denti lunghi rispettivamente fino a 7 e a 10 centimetri devono uccidere le prede per soffocamento.

Recenti test però dimostrano che non è affatto così: dalle analisi compiute con delle tac sui crani si è compreso che avevano mascelle molto più solide e robuste di quelli degli altri felini, anche perché vi erano presenti possenti muscoli mascellari che rendevano potente il morso dello Smilodon, e le sue zanne erano molto più solide e forti di quanto si pensava, anche più del leone e della tigre stessi, che tra l’altro hanno anch’essi zanne corte e massicce.

La ragione è molto semplice: lo Smilodonte cacciava prede molto più grandi e forti di quelle braccate oggi dai felini attuali quindi oltre a dover penetrare gli spessi strati di carne e dovevano anche saper reggere la pressione causata dai muscoli della vittima mentre si dimenava, nonostante l’operazione dello sgozzamento col conseguente dissanguamento durasse brevemente, e di conseguenza dovevano essere molto resistenti e forti, perché se le zanne si fossero malauguratamente spezzate lo Smilodonte non avrebbe più potuto cacciare. Inoltre mentre un leone può aprire la bocca fino a 65°, lo Smilodonte poteva aprirla fino a ben 120°, ovvero il doppio (di sicuro sarebbe stato abbastanza spaventoso per una preda vedere una tale bocca spalancarsi così tanto).

Questo animale era fatto per cacciare: osservando la struttura scheletrica, si nota che il torso e gli arti anteriori sono pesanti, tozzi e incredibilmente potenti e le zampe, dotate di artigli compatti e taglienti, erano perfetti per avventarsi su un grosso animale e tenerlo fermo. In questo modo mentre con una zampa teneva ferma la testa, con l’altra zampa si occupava di tenersi aggrappato al corpo, ritrovandosi così con la gola a portata di mano.

Da una tac compiuta sul cervello, si evince che possedesse vista, udito e olfatto ottimi e il suo cervello era molto sviluppato, di conseguenza lo Smilodon era un predatore intelligente e dai sensi molto affinati. A dispetto di quanto si crede, lo Smilodonte non viveva solo nelle distese ghiacciate a Nord, ma anche nelle praterie al centro e nel Sud America, adattandosi quindi sia a un clima freddo che a un clima temperato caldo.

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Possediamo molti fossili completi e ben conservati di questi felini grazie a un inaspettato aiutante: il catrame. Spesso molti animali restavano impantanati nelle pozze di catrame e non riuscivano più a liberarsi, morendo di fame e di stenti. Questo attirava molti predatori, soprattutto gli Smilodon, che però commettevano spesso lo stesso errore delle prede e se rendevano conto solo quando era già troppo tardi. Grazie a queste pozzanghere di catrame, che si trovano a Rancho La Brea a Los Angeles, abbiamo anche potuto scoprire dettagli interessanti e in passato sconosciuti su questi animali. Sono stati trovati anche trovati esemplari giovani, di almeno 4 età diverse, e studiando i loro “denti da latte” (che tra l’altro erano già abbastanza lunghi) si è scoperto che i cuccioli e i giovani avevano le zanne seghettate in cui erano presenti dei caratteristici solchi, una peculiarità che poi perdevano da adulti una volta che le loro zanne si erano completamente sviluppate. Ma è stata fatta un’altra straordinaria scoperta: è stato trovato il bacino osseo di un esemplare adulto che però era deformato da escrescenze ossee (quindi potete immaginarvi i dolori).

Tale deformazione avrebbe probabilmente impedito all’adulto di cacciare con successo, eppure se era adulto significava che ha potuto comunque sopravvivere per molto tempo prima di finire anch’esso nella pozza. Il ritrovamento di numerosi esemplari di Smilodonti, compresi i cuccioli e l’adulto dal bacino deformato, ha aperto le porte a una nuova e singolare prospettiva: lo Smilodon non cacciava da solo come fa la tigre, ma proprio come il suo cugino leone cacciava in branco. Non si conosce la precisa struttura gerarchica che avrebbe potuto stabilire un branco di questi animali, ma date le somiglianze con il leone non è errato pensare che la struttura potesse essere simile. Già un solo Smilodonte poteva essere considerato molto efficiente da solo, ma agendo in branco questi animali erano praticamente invincibili e in grado di affrontare qualsiasi predatore e abbattere qualsiasi preda.

Tra le prede c’erano molti mammiferi tra cui i cavalli, i bisonti, i bradipi giganti di Shasta, i mastodontici Mammuth e i nostri antenati (attaccavano gli ultimi due soprattutto quando cacciavano in branco). Con questi ultimi avevano un particolare rapporto di reciproca predazione: gli uomini delle caverne potevano respingere ma anche cacciare esemplari di Smilodonti per la carne, la pelliccia e le armi che poteva ricavarne (le zanne e gli artigli erano ideali per le punte da lancia e i coltelli oltre che come trofei), oltre a competere con loro per le prede, il territorio (comprese le caverne) e le zone di caccia. Allo stesso tempo lo Smilodonte, pur guardandosene le spalle per via delle sue armi e del suo fuoco, poteva trovare nell’uomo oltre che un pericoloso nemico anche una potenziale preda, uccidendolo per la carne e/o per difendere sé stesso, i cuccioli, gli altri membri del branco e il proprio territorio (oltre agli adulti avrebbero potuto puntare alle donne, ai bambini e agli anziani, che erano gli esemplari più deboli e spesso anche disarmati). Si può dunque dire che l’uomo e lo Smilodon si ammazzavano spesso e volentieri, come fanno oggi in Africa le iene e i leoni. Una cosa è certa: con le sue caratteristiche, lo Smilodon può essere considerato un ottimo successo evolutivo dell’Era Glaciale, il felino più potente mai esistito e di certo il “Re dei Felini”.

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