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Venticinque anni fa, in una parte del mondo che ancora oggi è sinonimo di guerra e instabilità, si è combattuto un conflitto le cui radici sono da ricercarsi nel profondo della storia e le cui conseguenze soffriamo ancora oggi. È stata una delle prime guerre combattute nel Medio Oriente: è quella che è passata alla storia come Guerra del Golfo, una guerra atroce, non tanto in termini di vittime e spargimenti di sangue quanto per gli strascichi che ancora adesso durano. Adesso andremo a vedere un riassunto della Guerra del Golfo, che tra le altre cose è stata la prima guerra televista dagli Italiani (durante i telegiornali, in quel periodo, si vedevano in diretta scene di guerra) vedremo nel dettaglio le cause che l’hanno scatenata, gli schieramenti contrapposti e come si è risolta, vedendo anche le sue atroci conseguenze.

Guerra Del Golfo Riassunto
Guerra del Golfo

Guerra del Golfo Riassunto

Iniziamo questo riassunto rispondendo alla domanda “Cos’è stata la Guerra del Golfo?“. Con “Guerra del Golfo si intende la guerra combattutasi durante l’inverno del 1991 in Iraq, un paese che si affaccia appunto sul Golfo Persico, da cui il nome “Guerra del Golfo”. Anche se la guerra in sé è durata pochi mesi (dal Gennaio all’Aprile ’91), in realtà la crisi che la scatenò durava da decenni se non da secoli. Non andremo ad analizzare le ragioni storiche dei conflitti del Medio Oriente, perché altrimenti questo, che dovrebbe essere un riassunto, diventerebbe lungo quanto un libro e quindi il gioco non varrebbe la candela: tanto vale studiare sul libro di testo. Ci concentreremo soltanto sulle cause che nel breve termine hanno portato allo scoppio della Guerra del Golfo.

Cause Guerra del Golfo

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Le cause che hanno portato allo scoppio della guerra del Golfo sono state, come anticipato, diverse e complesse. In primo luogo, l’Iraq, dopo la logorante guerra con l’Iran (1980-1988) era piombato in una profonda crisi economica e politica. Il regime di Saddam Hussein cominciava a traballare: l’opposizione era diffusa ovunque nel paese ed era particolarmente insidiosa nel nord e nel sud, e cioè nelle regioni a maggioranza curda e sciita, che minacciavano di rendersi indipendenti. Per affrontare la crisi Saddam richiese agli altri paesi del Golfo di ridurre la produzione di petrolio e innalzarne il prezzo, cosa che gli avrebbe consentito di ottenere maggiori entrate con cui affrontare la grave situazione, ma tale richiesta cadde nel vuoto. 

L’altra questione che ha portato allo scoppio della guerra è stata quella che riguardava lo stato del Kuwait. Il Kuwait è un piccolo stato che si estende per appena 18 mila kilometri quadrati a ridosso del golfo, una regione ricchissima di petrolio che fa del Kuwait uno dei paesi più ricchi della zona. L’Iraq considerava il Kuwait una sua regione: di fatto aveva ragione, perché effettivamente  aveva mai riconosciuto la sua indipendenza. Lo accusava quindi di sfruttare indebitamente i ricchi giacimenti di petrolio situati lungo il confine tra i due paesi. Saddam era consapevole che l’aggressione al Kuwait avrebbe sollevato le proteste della comunità internazionale, ma era convinto che i paesi arabi e occidentali, e in particolare degli Stati Uniti, che lo avevano sostenuto nella guerra contro l’Iran, non avrebbero opposto resistenza. Ignorando gli ammonimenti della comunità internazionale, Saddam Hussein, nell’intento di puntellare il suo traballante regime, decide così di giocarsi la carta nazionalista e quindi di invadere e annettere il Kuwait.

L’invasione del Kuwait

L’Iraq invade il Kuwait il 2 agosto del 1990 e il 28 agosto ne proclama l’annessione. Ciò suscita inevitabilmente le proteste internazionali. Anche gli Stati Uniti, che secondo Saddam non si sarebbero dovuti opporre, reagiscono energicamente, decisi a cogliere l’occasione per consolidare la propria presenza in Medio Oriente, in cui avevano (e hanno ancora) non pochi interessi. Il Consiglio di sicurezza dell’ONU approva una serie di risoluzioni di condanna: colpisce l’Iraq con sanzioni economiche e lo intima di ritirare le proprie truppe dal Kuwait entro la data del 15 gennaio 1991. Nel corso dell’autunno, su mandato delle Nazioni Unite viene formata una coalizione internazionale formata da più di quaranta paesi (tra cui anche svariati paesi arabi quali l’Arabia Saudita, l’Egitto e la Siria) e viene avviata l’operazione chiamata “Scudo nel deserto” (Desert Shield), nella quale viene mobilitata nella regione una forza composta da più di 700.000 uomini (in maggioranza forniti dagli Stati Uniti).

La guerra

Gli eventi che seguono la data dell’ultimatum dell’ONU all’Iraq sono quelli universalmente conosciuti come “Guerra del Golfo”: due giorni dopo la scadenza dell’ultimatum, il 17 gennaio 1991 le forze della coalizione, guidate dal generale statunitense Norman Schwarzkopf, lanciano l’operazione denominata “Tempesta nel deserto” (Desert Storm), che consiste in una massiccio bombardamento aereo contro obiettivi militari in Iraq e in Kuwait, volti  principalmente alla neutralizzazione dei centri di comando iracheni, concentrati a Baghdad e a Bassora, all’interruzione delle linee di trasporto e di comunicazione tra Baghdad e le truppe sul campo e all’eliminazione dell’artiglieria irachena, trincerata lungo il confine tra Arabia Saudita e Kuwait, e della Guardia repubblicana, composta da un’élite di 125.000 uomini dislocati nell’Iraq sudorientale e nel Kuwait settentrionale.
L’offensiva aerea in parte riesce, disarticolando in breve tempo le difese irachene e  infliggendo all’esercito pesanti perdite, mietendo però al contempo molte vittime tra la popolazione civile. Contro le soverchianti forze della coalizione l’esercito iracheno rimane pressoché inerme, riuscendo soltanto ad abbattere qualche aereo e a indirizzare alcune decine di missili Scud verso l’Arabia Saudita e Israele (che però, in base ad accordi con gli USA, si era tenuto fuori dalle ostilità).
A metà febbraio, di fronte all’aumento delle perdite civili e militari, l’Iraq dichiara di essere intenzionato a ritirarsi dal Kuwait, ma le condizioni proposte vengono respinte dagli Stati Uniti. La coalizione sferra quindi un attacco decisivo con cui, sfondata la linea difensiva irachena, avanza rapidamente attraverso l’Iraq meridionale, tagliando ogni via di ritirata alla Guardia repubblicana. Pochi giorni dopo, Kuwait City viene liberata e le decine di migliaia di soldati iracheni che montavano la guarnigione vengono catturati o uccisi. Con le successive trattative si giunge a una tregua (3 marzo) e infine al cessate il fuoco (6 aprile). 

La resa dell’Iraq

Le condizioni di resa imposte all’Iraq sono molto severe, talmente severe che si potrebbe azzardare un paragone con quelle imposte alla Germania dal trattato di Versailles del 1919. Oltre infatti alle restrizioni alla vendita del petrolio (di cui una cospicua parte è destinata a riparare i danni inflitti al Kuwait), l’accordo stabilisce dei limiti alla stessa sovranità territoriale irachena (come appunto in Germania): viene istituita di un’area d’interdizione aerea (no-fly zone) a nord e a sud del paese (il cui controllo viene affidato alle forze aeree degli Stati Uniti e della Gran Bretagna), poi viene creata anche una “zona di protezione” nel nord del paese a maggioranza curda (le zone dove oggi imperversa lo Stato Islamico), che infatti concede ai curdi un’ampia autonomia. A ciò vanno aggiunte anche le misure di disarmo volte a smantellare gli arsenali chimici e a impedire lo sviluppo della ricerca di armi nucleari.

Le conseguenze della Guerra del Golfo

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Le conseguenze della Guerra del Golfo purtroppo le stiamo soffrendo ancora oggi e gli attentati recentissimi che hanno colpito l’Europa non sono che le ultime conseguenze dell’instabilità creata da questa guerra. Lo Stato Islamico, infatti, ha approfittato dell’instabilità politica del paese per prendere potere e espandersi.

Il Kuwait e l’Iraq, infatti, dalla Guerra del Golfo escono quasi completamente distrutti. Pesanti infatti sono i costi umani e materiali pagati dal Kuwait e soprattutto dall’Iraq. Durante il periodo dell’occupazione il Kuwait soffriva continui saccheggi e razzie. I danni maggiori, però, sono economici e ambientali: gli incendi appiccati dall’esercito iracheno in ritirata a centinaia di pozzi petroliferi gettano il paesello in uno stato di crisi dal quale soltanto anni e anni dopo si risolleverà. Dopo la guerra, infatti, le operazioni di spegnimento dei pozzi in fiamme si protraggono per oltre un anno. L’Iraq, dal canto suo, subisce danni materiali ancora più ingenti, che ne ostacolano ogni possibilità di ripresa. Moltissimi i morti, sia fra le truppe sia fra i civili (le stime variano tra 50.000 e 300.000 vittime), e i feriti. Dal punto di vista economico, la situazione è talmente drammatica, a causa delle severe sanzioni, che nel 1995 il paese, per evitare la fame, è costretto a barattare enormi quantità di petrolio in cambio di cibo (Il programma Oil for Food, “petrolio in cambio di cibo”, “autorizza” l’Iraq a esportare due miliardi di dollari di greggio al semestre per l’acquisto di viveri e medicinali).

Dal punto di vista politico, Saddam Hussein, anche se la sua immagine è ormai compromessa e svalutata, rimane al potere (lo perderà nel 2003, dopo che sarà destituito in seguito alla Seconda Guerra del Golfo e in seguito incarcerato e giustiziato). L’Iraq viene accusato di ostacolare il lavoro degli osservatori ONU  incaricati dello smantellamento dell’arsenale chimico, mentre l’Iraq accusa ripetutamente i paesi occidentali e l’ONU di violare gli accordi di pace, disattendendo le clausole che prevedevano il progressivo ritiro delle sanzioni economiche. Le relazioni tra Baghdad, l’ONU e i governi occidentali da questo momento sono caratterizzate da un’accentuata ostilità e molti saranno i momenti di crisi, il più grave si verificherà nel dicembre 1998, quando un nuovo intervento militare contro l’Iraq verrà scongiurato all’ultimo momento dall’intervento del segretario generale dell’ONU Kofi Annan che, recatosi in visita a Baghdad, raggiunge un accordo con Saddam Hussein sulla ripresa delle ispezioni in cambio di una revisione delle sanzioni.

Agli inizi del 1999, la tensione cresce sempre di più, anche perché riprendono i bombardamenti statunitensi e britannici su obiettivi militari e industriali. L’11 settembre 2001 avvengono gli attentati che tutti conosciamo a New York e Washington e l’Iraq viene accusato di sostenere Osama Bin Laden e di produrre armi di distruzione di massa. Il paese torna nel mirino dell’offensiva diplomatica anglo-americana e nel marzo del 2003 scoppia una nuova guerra, che abbatterà definitivamente il regime di Saddam Hussein ma si rivelerà inutile nella lotta al terrorismo, anzi complicherà ancora di più le cose.

Un’altra conseguenza della guerra riguarda invece i paesi della coalizione, i quali a guerra finita si ritrovano a combattere con un altro nemico: l’uranio impoverito. Durante la guerra si era fatto largo uso di armi all’uranio impoverito e ciò provoca l’insorgere di tumori e altre malattie mortali nei veterani, che causeranno- si stima- migliaia di morti, molti più di quanti causati dai combattimenti stessi.

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