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Come detto, questo è uno dei capitoli più importanti in assoluto dell’opera, secondo alcuni studiosi di letteratura è persino il più importante, e di conseguenza va studiato molto bene perché se non si dovesse capire in modo corretto questo capitolo, tutta l’opera poi diventerà di difficile interpretazione.
Il capitolo in questione non è molto breve, ma non è nemmeno lunghissimo, abbiamo deciso di fare un riassunto più completo possibile proporzionato proprio alla lunghezza stessa del capitolo.
Renzo nello studio dell’avvocato Azzecca-garbugli |
Riassunto e commento capitolo 3 Promessi Sposi
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Il terzo capitolo dei Promessi Sposi si svolge nella giornata dell’8 novembre del 1628. Sul finire del capitolo precedente Renzo, infuriato, si era recato a casa di Lucia dopo aver scoperto che a causa dell’intromissione di Don Rodrigo, il signorotto spagnolo del villaggio in cui sono ambientati i primi otto capitoli, il loro matrimonio non si potrà celebrare. Il capitolo si apre con Lucia che, in lacrime, confessa di essere a conoscenza dell’interessamento del nobilotto per lei: la giovane, infatti, rivela di aver subito delle avances da parte di Rodrigo qualche giorno prima all’uscita della filanda presso la quale lavora come operaia. In realtà, il vero motivo per il quale Rodrigo è interessato a Lucia non è perché la ama, ma impedisce le nozze per gioco, perché si diverte a giocare con la vita della povera gente: ha infatti scommesso col cugino, il conte Attilio, che sarebbe riuscito a sedurla e a possederla. Questo mette in luce sia l’arroganza e la volgarità del personaggio di Don Rodrigo, sia la volontà di onnipotenza dei nobili, classe parassitaria, che ritiene di poter utilizzare la povera gente come gli pare soltanto per dare sfogo alla propria noia, derivata dal fatto che fondamentalmente è una classe sociale di nullafacenti che vivono di rendita.
Nessuno era a conoscenza di questo fatto, perché Lucia, ragazza caratterizzata da un grande pudore, non l’ha rivelato a nessuno; o meglio, a qualcuno sì: a Fra Cristoforo in confessione. Fra Cristoforo è un frate cappuccino con una storia personale abbastanza travagliata che conosceremo nel quarto capitolo; avrà un ruolo fondamentale nello sviluppo della storia.
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I personaggi di questo capitolo dei Promessi Sposi, sulla scena reagiscono in modo molto differente, si può dire antitetico: Renzo, accecato dall’ira, minaccia vendetta violenta nei confronti di Rodrigo, Lucia, al contrario, ha tutt’altra reazione: nel pianto, placa l’ira del fidanzato facendo leva sulla speranza per il futuro e nella provvidenza di Dio, secondo una mentalità contadina con una visione provvidenzialistica del mondo. Interviene dunque anche Agnese, la madre di Lucia, la quale forte della sua saggezza popolare consiglia ai due di interpellare qualcuno che “abbia studiato”, a “una cima d’uomo”, qualcuno insomma come l’avvocato Azzecca-garbugli di Lecco. Agnese, donna semplice, come tutti gli ignoranti vede nell’intellettuale, nell'”uomo che ha studiato”, un potenziale salvatore, per questo consiglia alla figlia e al fidanzato di rivolgersi all’avvocato. Renzo quindi si mette in cammino alla volta di Lecco, portando con sé quattro capponi, il “tributo” per ottenere il favore dell’intellettuale. I capponi, che Renzo tiene per le zampe e si beccano tra di loro, rappresentano il simbolo dell’ignoranza della popolazione subordinata a un potente, che piuttosto che coalizzarsi per fronteggiarlo e vincerlo insieme preferisce attaccarsi all’interno, generando ulteriore divisione.
Personaggi capitolo 3: Azzecca-garbugli
Si apre dunque la seconda parte del capitolo, ambientata nello studio del dottore in legge a Lecco. Manzoni ci descrive quest’uomo come una persona giunta alla fine della sua carriera, con in dosso la sua toga di servizio, una toga ormai consumata che serve soltanto a ricordare i suoi bei tempi andati, quando andava a Milano a perorare le cause più importanti. L’idea generale che traspare dalla descrizione del dottore e del suo studio è un’idea di degrado, decadenza e mediocrità, il che rende Azzecca-garbugli un simbolo perfetto per tutto il secolo del Seicento, che offre lo sfondo a tutto il romanzo, secolo che Manzoni caratterizza già nell’introduzione come un secolo che privilegia l’ipocrisia della forma esteriore alla sostanza delle cose.
Lo studio in cui si svolgono i fatti è singolare e rende perfettamente l’idea di sopra: è uno stanzone di cui tre pareti sono occupate dai ritratti dei dodici Cesari (i primi undici imperatori romani e Giulio Cesare) e la quarta totalmente coperta da una libreria colma di grossi libri vecchi e polverosi. Davanti a questa una scrivania non esattamente ordinata, ricoperta di fogli e foglietti riguardanti chissà quale causa e da una parte una grossa poltrona in pelle borchiata abbastanza mal ridotta, con gran parte delle borchie cadute e la pelle accartocciata. Uno studio molto degradato, dal quale traspare una certa attrazione per il potere (simboleggiata dai ritratti dei Cesari) e la millanteria di una cultura che in realtà non si possiede.
Azzecca-Garbugli |