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A scuola ti hanno assegnato Socrate? Hai fatto bene a venire qui, perché questo riassunto di Socrate ti permetterà di risparmiare tante ore di studio. Quando uno pensa a un filosofo, normalmente se lo immagina anziano, con la barba lunga e con quell’aria vissuta di chi ne ha passate tante nella vita. Normalmente, quando uno pensa a un filosofo se lo immagina come Socrate. Per molti, infatti, Socrate è Il Filosofo per eccellenza, quello con la F maiuscola. Con Socrate è iniziata la filosofia nel vero senso della parola, cioè l’amore per il sapere, quello stesso sapere che Socrate sosteneva di non avere, di non sapere niente, ma che dicendo così dimostrava di essere il più sapiente di tutti. Ecco, questo è Socrate, il filosofo di cui ora vi faremo un riassunto. Questo personaggio, un po’ bizzaro, è la filosofia stessa, non c’è persona che rappresenti la filosofia meglio di Socrate.
Chi era Socrate
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Platone però nonostante tutto qualcosa ci dice, perché le altre fonti sono molto relative: dallo storico Senofonte, allievo di Socrate, emerge l’immagine di un Socrate uomo modesto, virtuoso e morigerato, timorato degli dei e cittadino modello sotto tutti i punti di vista. Nell’immagine che invece ci tramanda il commediografo Aristofane Socrate appare come un pedante seccatore che perde il suo tempo in dissertazioni assurde, astratte e campate in aria. I’idea di Socrate che infine ci tramanda Aristotele non è affidabile, perché Aristotele tende a illustrare il pensiero dei filosofi precedenti a lui come se questi ragionassero con i suoi schemi, il che è alquanto forzato e anacronistico. Quindi, fino a quando non verrà inventata una macchina del tempo o qualcosa di simile, la fonte migliore resta Platone.
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Socrate agiva spinto dal suo Δαίμων (daimon, il suo ‘demone’ inteso nel significato di ‘spirito’), una voce interiore che lo incitava alla fedeltà alle proprie convinzioni etiche e alla vocazione filosofica. Si avvaleva di un metodo conoscitivo da lui definito “maieutico”: Socrate era convinto che la verità fosse in ognuno di noi e che noi dobbiamo aiutarla a venire fuori, a portarla alla luce come le donne che stanno per partorire. Questa era la cosiddetta “arte maieutica“: Socrate, come faceva sua madre, aiutava i suoi seguaci a partorire la verità che già si trovava in loro. Per questo dialogava con chiunque volesse ascoltarlo, ricco o povero: per condurlo sulla via della verità che già conosceva dentro di sé.
Socrate invitava i suoi interlocutori, mediante tecniche retoriche in parte simili a quelle dei sofisti (che a suo modo disprezzava e chiamava ‘prostituti del sapere’, in quanto vedevano nella filosofia soltanto una forma di guadagno), a trovare una formulazione oggettiva dei concetti di giustizia, amore e virtù, e a coltivare la conoscenza di sé (secondo il monito delfico del “ΓNΩΘΙ ΣEΑΥΤΟN”, del ‘conosci te stesso’). L’interlocutore, dichiaratosi esperto di una determinata disciplina, veniva provocato da Socrate, il quale, proclamandosi ignorante e affermando di avere come unica certezza quella di non sapere (Ἓν οἶδα ὅτι ουδὲν οἶδα, ‘io so di non sapere’) chiedeva il suo soccorso. Interrogato da Socrate, passo dopo passo, l’altro vedeva poste le proprie certezze messe in dubbio a partire dalle fondamenta. Questo è il cosiddetto metodo dell’ironia socratica, un metodo che ha affascinato tutti i grandi filosofi, in particolare Nietzsche e Kierkegaard.
In questo modo, Socrate voleva far scaturire dai suoi interlocutori e fissare una definizione del bene e della virtù che fosse personale ma allo stesso tempo universale, in nettissima contrapposizione del relativismo dei ‘prostituti’ sofisti. In particolare, l’idea che Socrate aveva del ‘bene’ e della ‘virtù’ (qualsiasi cosa fossero) era che le considerava come una conseguenza della conoscenza e che quindi il ‘male’ e il ‘vizio’ sarebbero generati dall’ignoranza.