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L’opera non è affatto lunga, e questo la rende molto meno pesante di tante opere della letteratura mondiale, anche perché si tratta di un semplice romanzo.
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Aristotele e Stefanos sono in visita al liceo dell’amico Arcandro, a trovare Meno, il fratello di un allievo del filosofo. Arrivati sul posto fanno la conoscenza di due padri dei ragazzi al Ginnasio: uno è Lisimaco, ex-scalpellino, padre di Sogene, di cui è orgogliosissimo; l’altro è Turibolo, membro di una nobile famiglia ateniese, padre di Milziade. Mentre Aristotele e tutto il gruppo di ospiti del Ginnasio si stanno recando a seguire gli allenamenti di lancio del giavellotto accade che un giovane studente accorre dal maestro Arcandro dicendogli che un ragazzo è morto colpito accidentalmente da un giavellotto durante l’allenamento. Tutti accorrono nella palestra, ma è troppo tardi: Sogene è già morto trafitto dal giavellotto di Milziade. Tutti cominciano a farsi delle domande su cosa possa essere accaduto: se sia stato un semplice incidente o un omicidio, e si comincia anche a dubitare delle amicizie tra i vari ragazzi.
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Il filosofo a questo punto spiega come Periandro sia riuscito a portare a termine il suo diabolico piano: diventato grande amico di Sogene, gli aveva consigliato di mettere dei tappi di cera d’api nelle orecchie per togliersi la sensibilità dovuta al precedente raffreddore. Durante l’allenamento aveva organizzato di persona l’ordine dei lanci e, dopo aver trovato delle scuse plausibili per allontanare due dei ragazzi, aveva fatto lanciare il giavellotto a Milziade,non avvisando Sogene colpito a morte. Subito dopo aveva tolto la cera d’api dalle orecchie di Sogene e l’aveva conservata per tutto il tempo nel cappello di Aristotele. L’errore che ha commesso è stato quello di far bruciare la cera nella lanterna, credendo così di eliminare la prova; purtroppo per lui Aristotele si era accorto che la lanterna bruciava più velocemente. Aristotele esce dalla vicenda offeso, non tanto per l’omicidio commesso da Periandro, ma per il fatto che era stato preso in giro da quest’ultimo che lo aveva usato per nascondere le prove.