La figura di questo filosofo danese dell’Ottocento è abbastanza discussa e enigmatica e spesso risulta difficile da comprendere. Egli rientra tra i principali filosofi moderni.

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Come altri filosofi, anche Kierkegaard fa parte del programma del quinto anno dei licei in cui di studia la Filosofia e quindi, come per esempio per Nietzsche, Marx e Wittgenstein, potrebbero anche farvi una domanda su di lui alla maturità. Per questo eccovi questo riassunto su Kierkegaard, in modo che tutti i dubbi (o almeno gran parte di essi) siano risolti.
Egli è uno dei filosofi più difficili da decifrare, la sua vita è stata ricca di scelte controverse tra di loro, ma il suo genio assoluto è riconosciuto in tutto il mondo. Del resto Soren Kierkegaard non è stato né il primo né l’ultimo uomo geniale ad avere una personalità decisamente ambigua.
Possiamo considerarlo il padre dell’esistenzialismo. In quel di Copenaghen non potevano fare a meno di creare una statua in suo onore e metterla nel cuore pulsante della città.

Soren Kierkegaard

Vita di Kierkegaard


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Søren Aabye Kierkegaard è stato uno dei, se non il più importante pensatore di sempre che ci sia stato donato dalla Danimarca. Egli infatti è nato a Copenhagen nel 1813 in una famiglia abbastanza benestante, in cui il capofamiglia era un ricco mercante e un fervente luterano. Kierkegaard, come molti altri importanti personaggi scandinavi del suo tempo e come intellettuali tedeschi del calibro degli scrittori Herman Hesse e Johan Wolfgang Goethe, del pittore Romantico Caspar David Friedrich (il pittore preferito da Hitler, collegamento per tesina ndr.) e ultimo ma non meno importante il filosofo Immanuel Kant, fu educato al culto Pietista, una specie di esasperazione del Luteranesimo che ebbe un particolare successo in Scandinavia tra Sette e Ottocento e che successivamente sparì senza lasciare tracce.

Studiò teologia e filosofia presso l’Università di Copenaghen e con i suoi studi si accostò alla filosofia di Hegel, dalla quale però prese le distanze dopo breve tempo. Nel 1840 si fidanzò con la diciassettenne Regine Olsen, ma il matrimonio gli parve incompatibile con la vocazione filosofica che sentiva crescere dentro di sé. Dopo la Laurea in filosofia, conseguita nel 1841 con una tesi sul “concetto di ironia”, nel 1842 ruppe all’improvviso il fidanzamento e decise di utilizzare l’eredità lasciatagli dal padre per dedicarsi interamente all’attività intellettuale.
Verso la fine della sua vita Kierkegaard innescò una polemica con la Chiesa luterana danese. Lo sforzo che gli richiedevano l’inesauribile attività di scrittore e le battaglie pubbliche a cui prese parte compromisero gradualmente la sua salute. Nell’ottobre del 1855 fu colpito da paralisi e morì un mese dopo.

Opere e Pensiero di Kierkegaard


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Le opere di Kierkegaard sono intenzionalmente asistematiche e abbracciano i più disparati generi letterari : saggi, aforismi, parabole, epistolari e diari. Questo perché Kierkegaard era contrario a ogni filosofia sistematica.  Un’altra caratteristica delle opere di Kierkegaard è l’utilizzo dello pseudonimo.

Nelle sue opere, il filosofo pone l’accento sulla natura ambigua e paradossale della condizione umana, affermando che i problemi fondamentali della vita non possono avere spiegazioni razionali e oggettive; Secondo Kierkegaard, la verità più grande appartiene infatti al singolo, che è determinato temporalmente.

Kierkegaard sostiene inoltre che la filosofia sistematica considera l’esistenza umana non soltanto da una falsa prospettiva ma, spiegando la vita in termini di necessità logica, rappresenta anche un mezzo per sfuggire alla responsabilità etica. Non esistono infatti criteri oggettivi per stabilire la validità incondizionata di una scelta.

Nel suo “Aut-aut” (1843), Kierkegaard descrive due stadi dell’esistenza tra i quali l’individuo può scegliere: lo stadio estetico e quello etico. Lo stadio estetico è una sorta di raffinato edonismo, fondato sull’incessante ricerca del piacere e della soddisfazione dei desideri, questo stile però, per il filosofo, è destinato però a portare alla frustrazione e alla disperazione. La forma di vita etica è caratterizzata invece da un intenso e appassionato impegno individuale nell’adempimento del dovere e degli obblighi pubblici e religiosi posti dalla società. Da questo deriva la visone di Kierkegaard secondo la quale questa sottomissione al dovere porta alla rinuncia della responsabilità individuale; per questo motivo postula un terzo stadio, quello religioso, in cui la sottomissione alla volontà di Dio, pur nella sua paradossale assurdità, è l’unica capace di svelare la libertà autentica.

In “Timore e tremore” (1843) Kierkegaard illustra la necessità di compiere il ”salto” nella vita religiosa, che è “assurda” e rischiosa. L’individuo vi è condotto dal sentimento dell’angoscia (approfondito nel volume “Il concetto dell’angoscia”, 1844), che è il fondamentalmente timore del nulla ma nel contempo è l’unica apertura di un orizzonte di libertà. Gli ultimi scritti, come “La malattia mortale” (1849), danno rilievo alla sofferenza, intesa come essenza di una fede autentica, riflettendo una visione sempre più cupa del cristianesimo.

Il pensiero di Kierkegaard e il suo interesse per l’esistenza del singolo e per il valore delle scelte individuali ha impresso segni profondi nella teologia e nella filosofia contemporanee, in modo particolare la corrente dell’Esistenzialismo del ‘900 deriva quasi direttamente dalle sue teorie.

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