Il primo canto dell’Inferno non rappresenta soltanto l’inizio della cantica dell’Inferno, ma fa da proemio a tutta l’opera. Dante Alighieri vuole dare alla sua opera un solenne prologo, che identifichi appieno gli alti ideali con cui questa è stata scritta. Lo esamineremo in questo riassunto del Canto Primo dell’Inferno. Questo è l’atto con il quale si da inizio all’opera che ha scritto la storia della letteratura italiana, quindi anche uno dei testi più importanti della storia mondiale. Ergo, prestiamo grande attenzione al primo canto dell’inferno.
Primo canto dell'Inferno riassunto

(adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});

Quando avvengono i fatti trattati?

Le vicende del Primo Canto dell’Inferno si svolgono tra la notte del giovedì santo e l’alba del venerdì santo dell’anno 1300, un anno molto importante per la cristianità, perché è l’anno in cui Papa Bonifacio VII indette il primo Giubileo. Durante l’anno del Giubileo, chiunque si rechi in pellegrinaggio a Roma ha la possibilità di chiedere l’indulgenza plenaria, ossia il totale perdono di tutti i peccati, e iniziare quindi una nuova vita.

Dove si svolge il Canto I dell’Inferno?

Il Canto I dell’Inferno è ambientato ancora sulla terra e non ancora nel regno dei morti. I fatti si svolgono in una “Selva Oscura“, che secondo i principali commentatori si trova alle porte di Gerusalemme. Come c’è finito Dante in quel luogo? Non ce lo dice, neanche lui lo sa di preciso, forse stava semplicemente sognando. La selva intricata e selvaggia in cui Dante finisce è un’allegoria del peccato

I personaggi del Canto I dell’Inferno

(adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});

>

Protagonista assoluto del Canto è Dante. Dante si trova in una situazione di smarrimento esistenziale e spirituale, appunto come se si fosse smarrito in un bosco intricato di cui non riesce a trovare l’uscita.

Un altro protagonista del Canto è Virgilio. Virgilio rappresenta la luce della Ratio, della ragione umana, l’unica luce in grado di illuminare il buio della ricerca umana della verità. Perché, tra tutti i personaggi possibili, Dante ha scelto proprio Virgilio come guida attraverso l’Inferno e nel Purgatorio? Perché gli uomini del Medioevo, il target al quale Dante rivolgeva la sua opera, vedevano in Virgilio la massima autorità della poesia, ma non solo: c’era un vero e proprio culto della figura di Virgilio, considerato quasi come un profeta per i fatti della Quarta Egloga (qui Virgilio fa riferimento alla nascita di un bambino che avrebbe portato il mondo a una nuova età dell’oro e i lettori medievali interpretarono ciò come una profezia della venuta di Cristo). Il rapporto tra Dante e la sua guida è una delle caratteristiche più cariche di fascino di tutta l’opera, sotto tutti i punti di vista: psicologico, narrativo e culturale.

Le tre fiere della Divina Commedia cosa rappresentano

A completare il canto, vi sono tre figure allegoriche: tre fiere, tre bestie feroci che rappresentano le allegorie dei tre vizi capitali che dominavano la società del tempo. Esse sono una lonza, una specie di felino simile alla lince, un leone e una lupa. La lonza rappresenta il simbolo della Lussuria e dell’Invidia, che sono i vizi che sporcano la città di Firenze, di cui Dante si definisce cittadino per nascita ma non per costumi. Il leone, invece, è considerato simbolo della Superbia e, secondo alcune letture, potrebbe identificarsi nella tracotanza della corona Francese, che si credeva superiore alle altre. L’ultima bestia, la lupa, rappresenterebbe l’avarizia, ma l’avarizia nel senso latino del termine, cioè quell’avidità totale e becera che conduce gli uomini a identificarsi nei propri averi e a fare di essi l’unica ragione di vita. Per questi motivi, alcuni dei più eminenti critici vedono nella figura della lupa un’allegoria della Chiesa Romana e del Papato, sia perché la lupa è il simbolo di Roma, sia perché per tutto il poema, Dante non fa che criticare l’avidità del clero.

Trama, Struttura e Analisi del Canto

Ora che abbiamo risposto alle domande “dove?”, “quando?” e “chi?”, andiamo a rispondere alla domanda “cosa?”. Vediamo effettivamente cosa succede nel I canto dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri, Fiorentino per nascita ma non per costumi.

(adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});

Dante, a trentacinque anni (nel mezzo, cioè a metà della sua vita) si ritrova, avendo smarrito la “giusta via” (retta via), in una selva oscura, che come abbiamo visto simboleggia il peccato e lo smarrimento. La selva si fa sempre più intricata e paurosa, fino a quando, giunte le prime luci dell’alba, Dante scorge un colle illuminato dal sole. Anche il colle è un simbolo: simboleggia la la strada tortuosa per giungere alla salvezza, rappresentata dalla luce. La strada del colle, però, gli viene sbarrata dai tre animali feroci e Dante, impaurito, chiede aiuto a un ombra che si sta avvicinando verso di lui. L’ombra è l’anima di Virgilio, il quale rassicura l’autore e lo convince a prende parte al viaggio ultraterreno.

I versi dal 100 al 111, sono occupati dalla prima delle grandi profezie della Commedia, la Profezia del Veltro. Si tratta di una profezia ante eventum, cioè di una profezia di avvenimenti che devono ancora accadere. Di profezie di questo tipo non ce ne sono moltissime nella commedia, ma sono tutte di grande effetto e molto difficili e oscure da comprendere, ciò quindi può dar vita a numerose interpretazioni. Sono molto più frequenti le profezie post eventum, cioè di eventi che sono già capitati ma sono successivi ai tempi di narrazione.

Questa, in particolare, è straordinaria: Virgilio profetizza a Dante che: ” ‘l veltro verrà, che la farà morir con doglia”. Per Virgilio, quindi, verrà un veltro, un cane da caccia, che caccerà le bestie feroci. Il veltro, in realtà, è un’altra allegoria poiché simboleggia la venuta di una personalità eccezionale e straordinaria che scaccerà il male dal mondo, riportando la giustizia e il bene. Dal momento che si tratta di una profezia oscura, le interpretazioni possibili sono molte e ne sono state presentate un’infinità: c’è chi ritiene che questo veltro possa essere il signore di Verona Cangrande della Scala, perché nei versi successivi, Dante scrive che “la sua nazion sarà tra feltro e feltro” e anche di queste parole le interpretazioni sono molte (nel caso di Cangrande, feltro e feltro potrebbero rappresentare Feltre e Montefeltro, i confini della signoria Veronese); secondo un’altra lettura, il veltro potrebbe essere l’imperatore Arrigo VII di Lussemburgo, in cui Dante riponeva la sua fiducia, oppure un Papa proveniente dall’ordine dei Francescani (rifacendosi al “tra feltro e feltro”), oppure, secondo altre letture, una seconda venuta di Cristo o ancora lo stesso Dante.  Sono molte le letture possibili e altrettante ne possono essere fatte, nessuna è più giusta di altre, anche perché non abbiamo ancora la possibilità di andare a chiedere all’autore cosa volesse dire con quelle parole, ma è questo il bello di questo libro, che lascia spazio a qualsiasi interpretazione.

Per la prima volta in tutta la Commedia, si nota la costante strutturale che caratterizzerà i canti successivi, soprattutto nell’Inferno, e cioè all’inizio Dante incontra e riconosce l’anima, poi vengono introdotte le spiegazioni di tipo dottrinario e infine arriva la profezia.

LEAVE A REPLY