Sono numerose le civiltà che hanno abitato il continente americano prima della sua scoperta da parte degli Europei. Ma nessuna di queste può eguagliare i Maya, la più antica e straordinaria tra le civiltà precolombiane che hanno abitato l’America.
Si trovavano un tempo in Messico, per la precisione negli stati di Chiapas, Tabasco, Campeche, Yucatàn e Quintana Roo.

La civiltà Maya

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La loro sede ufficiale era lo Yucatan, ma per ragioni ancora non chiarite tra il IX e il X secolo abbandonarono il Guatemala e si concentrarono esclusivamente nella loro sede, probabilmente dato che la loro popolazione si era fortemente ridotta avevano deciso di spostarsi in una zona a loro più favorevole dal punto di vista ambientale e forse anche alimentare.

La civiltà Maya è stata tra le poche ad aver lasciato tracce del proprio passato e della propria scrittura ed è proprio grazie a questo che sappiamo molto di più su di loro che su altre civiltà precolombiane come gli Aztechi (di cui ancora sappiamo davvero poco). La loro scrittura, ancora oggi in corso di decifrazione, era molto complessa, sillabica e così intricata che una sola parola poteva essere scritta in ben tre modi diversi: in stile ideografico, in stile fonetico oppure con un mix di entrambi.
I Maya sono noti per essere stati degli eccellenti matematici e dei formidabili astronomi, capaci di osservare il movimento degli astri e di calcolare il tempo grazie a tale movimento, prevedendo così anche l’arrivo delle stagioni per i raccolti. Infatti pur non conoscendo la ruota e quindi l’uso del carro erano eccellenti coltivatori (seppur con una tecnica agraria primitiva), con un vasto patrimonio vegetale a disposizione, tra cui mais, fagioli e cacao.

Sono noti soprattutto per aver creato una civiltà di tipo monumentale, con oltre 100 città urbane e soprattutto delle città-santuario: costruirono infatti delle imponenti piramidi a gradini con i quali i sacerdoti salivano verso la cima per raggiungere il cielo, la sede degli dei, e poterli pregare e offrire loro dei sacrifici, tra i quali c’erano talvolta anche dei sacrifici umani (erano compiuti per fornire col sangue degli uomini energia al sole e scongiurare così la fine dell’Universo). Tra le città più importanti e sviluppate vi erano Tikal, Palenque, Yaxchilán, Copán, Piedras Negras, Uxmal e Chichén Itzá.

Secondo il mito Maya sull’origine del mondo, ogni era terminava con un diluvio per purificare la terra e prepararla a una nuova era per poi purificarla ancora in futuro. I Maya veneravano e rispettavano gli elementi della natura, con la quale erano sempre in contatto e che vedevano come un grande essere vivente portatore di più elementi. Il bene era la pioggia, l’incarnazione della fertilità dell’abbondanza e della vita, mentre il male erano la siccità, gli uragani e le guerre. Avevano inoltre un naturale e mistico concetto della vita dopo la morte: nell’aldilà sopra la terra esistevano 13 cieli in cui regnavano la serenità e la beatitudine, mentre invece dietro la terra esistevano 9 inferni, uno peggiore dell’altro. Nell’ultimo paradiso la fame, il freddo, la miseria, il dolore e la fatica si estinguevano definitivamente, dominando al contrario l’ultimo inferno. Avevano una religione politeista, ossia veneravano più divinità, ciascuna rappresentante uno o più elementi in particolare, come ad esempio Chac, il dio della pioggia, la cui benevolenza e felicità arrecava abbondanza e vita ai coltivatori.

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Uno dei più importanti idoli era il Drago, l’essere supremo, il creatore dell’universo e simbolo dell’energia cosmica. Aveva anche due forme: la prima era un Serpente a Sonagli, simbolo della terra, la seconda era un Quetzal ed era il simbolo del cielo. E soprattutto il Drago era in stretta relazione con il Sole, la divinità suprema portatrice di calore, vita ed energia. Un’altra divinità dal grande valore simbolico era Quetzalcoatl, il grande Serpente Piumato, un dio buono, saggio e misericordioso (fu il solo dio a rifiutare i sacrifici umani) che lasciò questo mondo promettendo che un giorno vi sarebbe ritornato e avrebbe portato la salvezza e la gioia in tutto il mondo. Nella loro pittura e nelle loro sculture sono stati spesso ritrovati soggetti mitologici, dato che la loro arte serviva soprattutto a raccontare tramite i miti le origini del mondo e degli uomini nonché l’avvenire degli eventi naturali.

Ma alla fine, come spesso ci insegna la storia, ciò che alcuni creano altri distruggono: in seguito all’arrivo degli Spagnoli, avvenuto nei primi decenni del 1500, i conquistadores, invece di intravedere il vero valore di questa civiltà, la videro esclusivamente come qualcosa da conquistare e prendere come un loro diritto ( il tutto con la scusa di “cristianizzare” le terre degli “infedeli”) e avviarono così una tremenda operazione di sterminio in cui milioni di Maya perirono sotto le armi, ma anche per le malattie portate dagli Europei come il vaiolo, il tifo e il morbillo, contro cui non avevano nessuna difesa immunitaria. Vennero anche schiavizzati crudelmente, costretti a lavorare come schiavi nelle piantagioni e nelle miniere e trattati senza alcuna pietà, finché alla fine lo sterminio fu tragicamente completato e la civiltà Maya si estinse per sempre. Quello che rimane loro di oggi sono i loro monumenti, le loro scritture e le loro opere artistiche, che sono le tracce di una straordinaria civiltà unica nella storia e che non rivedremo mai più.

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