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Sallustio è stato il primo grande storico latino ed è anche il primo autore di cui ci sono prevenute delle opere complete. Per questi motivi è molto studiato in tutti gli indirizzi che prevedono letteratura latina come materia curricolare.
In questo riassunto su Sallustio, andremo a conoscere meglio questo meraviglioso autore, vedremo gli aspetti interessanti della sua vita, scopriremo la sua ideologia e faremo una carrellata sulle sue principali opere, in modo da ottenere un quadro completo della sua persona.
Bene, ora che ho completato il proemio (anche questa è una caratteristica fondamentale delle opere di Sallustio, che vedremo bene dopo), possiamo iniziare a raccontare la storia della vita di quel gran pezzo di autore che era Gaio Sallustio Crispo.
Sallustio riassunto

Vita di Sallustio


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A differenza degli altri autori che abbiamo visto, come per esempio Plauto e Catullo, di Sallustio abbiamo notizie più precise riguardo alla sua vita. Questo perché a differenza dei primi due, Sallustio ricoprì importanti cariche politiche e quindi era un personaggio molto noto e ricco.

Di Sallustio sappiamo che nacque nella regione della Sabina, precisamente ad Amiterno, le cui rovine si trovano attualmente in Abruzzo, poco lontano da L’Aquila, intorno all’86 a.C. La sua famiglia d’origine non era patrizia, però non se la passava male dal punto di vista economico. Negli anni ’50 a.C., il nostro si trasferì a Roma, dove decise di buttarsi in politica. Per un Homo Novus, cioè uno che non aveva avuto in precedenza antenati politici, era molto difficile raggiungere determinate cariche, quindi dovette cercare l’appoggio di un personaggio molto influente, e lo trovò, anche se non sappiamo esattamente in chi, molto probabilmente si tratto di nientemeno che Giulio Cesare, ciò almeno spiegherebbe il perché della fedeltà e del forte attaccamento politico che Sallustio riponeva in nelle idee e nella politica Cesariana.

Nel 50 a.C., dopo aver ricoperto le cariche della Questura e del Tribunato della Plebe, Sallustio entrò in Senato, ma ne venne espulso per iniziativa dei censori, i quali lo accusavano di probrum (di vita smodata, eccessiva e scostumata). L’accusa non fu mai confermata e il buon Sallustio fu reintegrato l’anno dopo, nel 49 a.C., anno in cui il suo grande eroe Cesare tornò dalla spedizione in Gallia.

Quando Cesare conquistò la regione della Numidia nel 46 a.C, scelse proprio il nostro come primo governatore della nuova provincia. Sallustio però si mise nuovamente nei guai, perché nel 45 a.C. venne accusato de repetundis, di “concussione”, un reato molto frequente tra i governatori di provincia, e venne salvato dal processo sempre grazie all’intervento di Cesare. Alla morte di quest’ultimo, avvenuta come sappiamo il giorno delle Idi di Marzo (il 15) del 44 a.C., Sallustio si ritirò definitivamente dalla politica, anche perché se si fosse messo di nuovo in situazioni critiche, non avrebbe più avuto la possibilità di essere salvato dal suo salvatore.

Durante gli anni della politica, raccolse una discreta fortuna, che gli permise di ritirarsi e dedicarsi alla scrittura. Coi soldi che aveva accumulato, infatti, comprò la villa del suo dio Cesare (non uso il termine ‘dio’ a caso. Mai sentito parlare del “Divus Iulius“?) a Tivoli e si fece costruire un sontuoso palazzo a Roma, tra i colli Pincio e Quiriniale, circondato da grandissime aree verdi note come horti sallustiani.

Sallustio morì nel 35 a.C., prima di riuscire a completare la sua opera più grande, le Historiae: la storia di Roma dalla sua fondazione fino al suo periodo.

L’ideologia, la lingua e lo stile di Sallustio

Dalle opere di Sallustio emerge chiaramente il suo forte sentimento filocesariano (e ci mancherebbe altro, con tutte le volte in cui gli ha salvato la vita) e quindi la sua vicinanza alla fazione popolare. Egli però si sforza nelle sue opere di assumere un atteggiamento il più possibile imparziale, infatti non mancano critiche a atteggiamenti arroganti di alcuni plebei e di alcuni populares e riconoscimenti delle qualità positive di alcuni esponenti del patriziato e della fazione conservatrice.

Per quanto riguarda invece la lingua, il tratto più appariscente che lo caratterizza è il largo utilizzo di termini arcaici. Lo stile, invece, è dominato da due caratteristiche fondamentali: la brevitas, quindi la concentrazione e la concisione del massimo dei significati nel minimo numero di parole, e la variatio, cioè la tendenza ad utilizzare un linguaggio vario e fuori dagli schemi, non tradizionale.

Le opere di Sallustio

Sallustio, come ho già detto nel proemio, è il primo autore di cui ci sono giunte delle opere complete. Queste sono il De Catilinae Coniuratione e il Bellum Iughurtinum, due monografie storiche. La monografia è un genere letterario in cui si svolge una dissertazione completa su uno specifico argomento.
Una caratteristica che domina tutte le opere di Sallustio è il proemio, come quello che ho scritto io all’inizio dell’articolo. Nel proemio sallustiano, proprio come nel mio, l’autore avverte l’esigenza di legittimare l’attività intellettuale che svolge, nel suo caso la produzione storiografica, nei confronti della tradizione romana, che assegnava il primato alla carriera politica; nel mio caso, invece, io devo legittimare la mia opera intellettuale, questo mio riassunto su Sallustio, nei confronti vostri che la leggete e la utilizzate per studiare. L’autore poi è fortemente convinto che all’attività di storico debba essere riconosciuta tutta la dignità che merita, poiché essa è un’attività dello spirito, e poi che questa sia molto utile a una società come quella romana, perché essa spinge a emulare le imprese dei grandi del passato.
La prima monografia, il De Coniuratione Catilinae, racconta per filo e per segno il piano di Lucio Sergio Catilina, un patrizio romano vicino alla fazione popolare, per raggiungere il potere (64-62 a.C.). Nel racconto sono presenti due excursus, due fondamentali digressioni che sono fondamentali per capire lo svolgimento dei fatti: la prima è rivolta al racconto in sintesi della precedente storia di Roma, per capire come si è arrivati a quell’evento drammatico, mentre la seconda svolge un’analisi delle condizioni sociali e politiche in cui Roma si trovava al tempo dei fatti. L’interpretazione che Sallustio offre è in un certo senso molto moralistica: la crisi della Repubblica di Roma, di cui la congiura di Catilina è un prodotto emblematico, è il frutto della corruzione morale dovuta alla ricchezza e alla potenza di Roma stessa; la visione così pessimistica del presente è contrapposta a una fortissima idealizzazione del passato. É ottima la resa psicologica dei personaggi, la cui analisi ci viene perfettamente fornita dall’autore. La resa della figura di Catilina in particolare è molto efficace: Catilina nell’opera è il “Cattivo” e questo lo si capisce già dalle prime volte in cui compare nel testo. È il prodotto estremo della degenerazione della società romana.
Il Bellum Iughirtinum, invece, tratta delle guerra condotta dai Romani contro Giugurta, principe del regno di Numidia (la regione di cui Sallustio era stato governatore), dal 111 al 105 a.C.. Giugurta era il nipote del re Micipsa e alla morte di questo ereditò una parte del regno insieme ai cugini (i figli del re) Aderbale e Iempsale. Giugurta però voleva il regno tutto per sé, quindi scatenò una violenta guerra civile. Roma si sentì nel dovere di intervenire, oggi diremmo per “conservare la democrazia” e al posto di Roma metteremmo gli Stati Uniti, questo per dire che la storia non cambia mai, cambiano solo i tempi e i protagonisti. Come impostazione, questa seconda monografia è molto simile se non identica alla prima, ma in questa la causa della crisi dello stato viene individuata nella fine dei rapporti di concordia che intercorrevano tra il Senato e il Popolo, che in passato era garantita dalla “paura del nemico” (dal metus hostilis, finito con la distruzione di Cartagine). Un’altra differenza sostanziale è la resa del protagonista: mentre nella prima Catilina era il cattivo già dall’inizio del racconto, in questa il personaggio di Giugurta è una figura molto più dinamica, che cambia spesso volto nel corso della narrazione. All’inizio è un giovane forte e virtuoso, mentre alla fine diventa un maestro dell’intrigo e della corruzione.

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