Tema sulla mafia: elaborato espositivo e argomentativo sul tema “mafia“, con ampio spazio alle opinioni personali. Analizza bene il fenomeno che viene chiamato mafia.

Tema sulla Mafia

Tema sulla Mafia: svoglimento

Italiani: pizza, spaghetti e mafia. È o non è questo il luogo comune con il quale il nostro popolo è sempre stato riconosciuto all’estero? I primi due epiteti fortunatamente non hanno bisogno di presentazioni, il terzo invece desta qualche preoccupazione. 

Cos’è la Mafia? 

Cos’è questo prodotto tipico italiano che abbiamo inventato, creato e esportato in tutto il mondo? È davvero un fenomeno solo italiano?

L’origine della parola “mafia” è tuttora ignota: c’è chi dice derivi dall’arabo, chi dal vecchio volgare siciliano, chi dal toscano, chi addirittura dal veneto o dal piemontese. Sta di fatto che questa parola ha fatto la sua prima comparsa in un verbale compilato da un funzionario borbonico che prestava servizio in Sicilia nel diciannovesimo secolo, il quale l’ha utilizzato per indicare un gruppo di famiglie dell’isola che si occupava di attività illecite e ne traeva un certo guadagno. Oggi il termine è diffuso in tutto il mondo e permane in tutte le lingue come sinonimo di “criminalità organizzata“. Sono definite “mafie”, per esempio, i cartelli della droga messicani e colombiani e la  Organizacija, l’organizzazione della malavita russa che è anche conosciuta con il nome di Mafija (e siamo lì).
In realtà, organizzazioni di questo tipo già erano presenti nel mondo prima del diciannovesimo secolo: la “Yakuza” giapponese esiste dal ‘700, mentre la “Triade” Cinese opera da tempi ancora più antichi; ma come mai la mafia italiana è diventata così largamente conosciuta e diffusa da dare il nome a un intero stuolo di congregazioni criminali?
Il tutto è nato grazie ( o “per colpa”) dell’immigrazione. Tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo, milioni di italiani provenienti sopratutto dalle regioni meridionali, lasciarono la nostra penisola per cercare fortuna in altre parti del mondo, soprattutto negli Stati Uniti d’America. In questi luoghi, i nostri connazionali hanno dovuto subire torti, maltrattamenti e violenze della peggior specie; non c’è ragione di meravigliarsi che abbiano serbato rancore nei confronti di chi li vessava. Una volta acquisito un certo potere economico, alcuni dei nostri connazionali iniziarono ad agire come magari agivano in passato i loro antenati, iniziavano a possedere armi, diventarono potenti e temuti, i commercianti avevano paura di loro e iniziarono a chiedere loro protezione. Uno di loro, tale Alphonse, ultimo dei nove figli di Gabriele e Teresa Capone, che lasciarono Angri in provincia di Salerno per trasferirsi a New York, diventò particolarmente importante e potente nella scena newyorkese e in tutti gli Stati Uniti, tanto da diventare il simbolo di “cosa nostra americana“, la “mafia” degli USA. In tutti i porti in cui approdavano i nostri connazionali, veniva quindi anche esportata la nostra personale idea di criminalità.


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In patria, la “cosa nostra siciliana” si fece via via più potente e col passare del tempo si diffuse in tutta la penisola, differenziandosi e specializzandosi anche in base all’area geografica in cui opera. Iniziava a chiamarsi “Camorra” nel Campano, “Sacra Corona Unita” in Puglia, ” ‘Ndrangheta” in Calabria. Quest’ultima negli ultimi anni è diventata, si può dire, la più grande organizzazione criminale nel mondo. Oggi, le mafie sono talmente potenti che riescono perfino a prevaricare lo stesso Stato, che più di tanto non riesce a fare per bloccare questo fenomeno dilagante. L’intervento di alcuni uomini e associazioni, laiche e religiose, particolarmente coraggiosi, riescono in qualche modo a intervenire sul territorio, riuscendo anche a ottenere a volte risultati significativi, ma molti di questi paladini della legalità hanno perso la vita in atroci attentati; giusto per citarne qualcuno: Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, i preti Don Pino Puglisi e Don Giuseppe Diana, Giuseppe Impastato. Le vittime degli attentati di mafia, in Italia, sono più di 900 e vengono ricordate ogni anno, intorno al 21 marzo, con manifestazioni diffuse su tutto il territorio nazionale.

Cosa può fare lo Stato per limitare lo strapotere delle congregazioni mafiose? Per esempio, legalizzare alcune delle attività per questi più redditizie. Cosa possiamo fare noi? Ben poco, ma certo non dobbiamo rimanere indifferenti.

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